Il Portogallo è un paese messo completamente in ginocchio dall’austerity. Il tasso di disoccupazione veleggia verso il 20% (il Portogallo è il paese europeo con la disoccupazione più alta, dopo Grecia e Spagna) e della stessa percentuale (un dato impressionante) è l’aumento rispetto all’anno precedente.
L’economia è in rosso fisso da sei anni e, nel secondo trimestre di quest’anno, è arretrata del 2% rispetto allo stesso periodo del 2012.
Dati che spiegano il fenomeno, a cui ha assistito negli anni recenti la società portoghese, di emigrazione massiccia verso il Mozambico ed altre ex colonie, in pieno sviluppo.
Il 27 giugno si è tenuto, contro la decisione di sopprimere quattro giorni di ferie per risanare le finanze pubbliche, il quarto sciopero generale da quando è in carica il governo di centrodestra di Passos Coelho, con eccellenti risultati di partecipazione da parte dei lavoratori.
Lo sciopero è stato convocato in maniera unitaria dalle due principale centrali sindacali, Cgtp (legata al partito comunista) e Ugtp (legata al partito socialista), nonostante il sindacato di ispirazione socialista stia perseguendo l’obiettivo di un irrealistico condizionamento del governo degli ultrà della Troika.
L’adesione nei trasporti è stata del 100%. Percentuali non inferiori all’80% si sono registrate negli altri settori.
Nel mese di luglio il governo è stato attraversato da una crisi che ha fatto pensare ad una sua caduta. Si è dimesso il ministro delle finanze Gaspar e per alcune settimane è circolata l’ipotesi della formazione di un nuovo governo, di unità nazionale. Una prospettiva che potrebbe affacciarsi di nuovo il prossimo autunno.
Per adesso il governo è di nuovo sul piede di guerra contro la classe operaia (dopo aver fatto la finta di dilazionare i provvedimenti che erano stati alla base della convocazione dello sciopero del 27) con un disegno di legge che porta, per i dipendenti pubblici, l’orario settimanale da 35 ore a 40. Nella risoluzione finale dell’ultimo comitato centrale della Cgtp, si parla della convocazione di un nuovo sciopero generale.
Più che un altro sciopero generale fine a se stesso, però, quello che serve è un programma.
La sostanza è questa: la destra è ancora al governo in Portogallo, nonostante grandissime manifestazioni contro l’austerity e quattro scioperi generali in due anni (sebbene ora ci sia grande ottimismo a sinistra sulla possibilità di vincere le elezioni di fine settembre).
Dopo le oceaniche manifestazioni popolari convocate dalla piattaforma Que se lixe la Troika (Che si fotta la troika), questo movimento è in crisi, come si evince dall’insuccesso delle iniziative organizzate dal 30 maggio al primo giugno di quest’anno: una due giorni con dibattito pubblico all’università di Lisbona (con il padre nobile della sinistra portoghese Mario Soares) e manifestazione nazionale il giorno dopo. Un corteo che ha rappresentato solo una foto sbiadita della manifestazione che aveva invaso le strade di Lisbona il 15 settembre dell’anno scorso ed una iniziativa, quella all’università con Mario Soares, che ha mostrato un deserto di idee alternative al massacro sociale portato avanti dal governo.
Il partito comunista portoghese e la Cgtp, dal canto loro (al contrario della Ugtp), si battono per la caduta del governo ma non c’è nessun reale programma alternativo per conquistare le masse portoghesi che abbia al primo punto il rifiuto del debito e dei tagli e che ponga la prospettiva di un reale cambiamento basato sul protagonismo della classe operaia portoghese
Senza dire chiaramente ai lavoratori la strada che si intende imboccare per uscire dalla crisi del capitalismo, è difficile portare a termine la battaglia per la caduta del governo e per un reale cambiamento.