Al di là del nome accattivante, c’è poco da stare allegri; il F.A.R.E. immagina infatti solo una realizzazione cadenzata della nuova linea, partendo dalla soluzione del “nodo di Torino” e andando a ritroso fino al tunnel con la Francia secondo una logica a scalini successivi: prima si risolve il nodo di Torino, una volta risolto quello si guarda il pezzo da Torino ad Avigliana; se si raggiungono i risultati voluti ci si imbarca nel tratto fino a Susa per poi terminare in gloria con lo scavo del tunnel, sempre che gli obiettivi che ci si erano posti anteriormente siano stati raggiunti. Ora, è difficile immaginare che si possano spendere milioni di euro per un pezzo di opera per poi interromperla prima di finirla. Allora è chiaro che il F.A.R.E. è lo specchietto per le allodole per consentire di passare dal “No Tav” al “Come Tav”, e in quanto tale il movimento valsusino l’ha respinto.
È necessario quindi capire dove e con chi andare: e questo era il senso dell’invito a Ferrero e Agnoletto.
Peccato che i due relatori abbiano parlato alla fine, dopo gli interventi del pubblico, numerosi (almeno 500 persone erano presenti), partecipati, intensi e preoccupati. Peccato perché non si aveva bisogno di risposte, ma di proposte, e di queste ce ne sono state poche.
Il nostro intervento ha cercato di porre delle domande precise al movimento e al partito. Al movimento abbiamo chiesto di non fare lo struzzo rispetto al problema elettorale che ci si porrà di qui a giugno, non perché il terreno istituzionale sia la nostra preoccupazione maggiore, ma perché è necessario che il fondamentale lavoro politico che il movimento porta avanti in Valle trovi una sponda istituzionale attendibile e coerente, per rafforzare la resistenza ventennale al Tav e per poter costruire altre resistenze e altre lotte. Al partito abbiamo chiesto coerenza, osservando che se l’attuale collocazione extraparlamentare permette maggiore scioltezza nei giudizi e nelle prese di posizione, è altrettanto vero che la nostra presenza in Comune di Torino, Provincia e Regione rende inattendibili le enfatiche dichiarazioni di principio e debole la difesa del movimento.
L’intervento di Vittorio Agnoletto ha fatto luce sulle incongruenze del F.A.R.E., facendo rilevare come il contributo europeo non possa essere che per il “buco”, dato che da lì in poi l’onere finanziario ricade sulle singole nazioni; in più, ha smontato l’ipotesi di una progettazione e realizzazione modulare, poiché l’Europa stessa richiede, per poter finanziare l’opera, la valutazione d’impatto ambientale sul progetto definitivo.
Il Prc è con il movimento come lo è sempre stato, ha ribadito con forza Paolo Ferrero anche se a volte le nostre e le sue posizioni non sono state precisamente le stesse, come quando ad esempio il Prc sostenne l’insediamento dell’Osservatorio Virano per evitare il “muro contro muro” tra movimento e istituzioni. Oggi invece è necessario schierarsi, e di fronte agli otto punti contenuti nel documento di Palazzo Chigi la Valle di Susa deve dire con chiarezza da che parte sta, perché il messaggio veicolato dai media a livello nazionale è che la Valle è ormai pacificata e pronta ad accogliere la nuova ferrovia. Su questo obiettivo il Prc vuole lavorare a stretto contatto con il movimento. Nessun altro impegno per il partito se non una laconica affermazione di autonomia dal Pd in quanto partito inefficace e non alternativo alla destra, “anche a costo di perdere qualche assessore o consigliere”. Speriamo che i primi siano quelli piemontesi, e noi compagni di FalceMartello saremo in prima linea perché ci sia una svolta a sinistra anche a Torino e provincia.
16 settembre 2008