“La comunità bolognese richiede un forte investimento sulla ripresa di una moderna ed avanzata imprenditorialità, della quale abbiamo avuto esempi concreti anche a Bologna, che passa attraverso la consapevolezza del ruolo sociale dell’imprenditore che vuol dire anche un nuovo impulso alla competitività…” “È necessario valorizzare il ruolo dell’impresa nella società, indirizzato in primo luogo alla crescita del benessere comune e non solo al profitto personale”. “La flessibilità del mercato del lavoro è un fenomeno complesso, con aspetti positivi e negativi, che caratterizza questa fase storica”. “Gli stessi processi di privatizzazione o esternalizzazione dei servizi di servizi pubblici, caratteristici degli anni ’90 (…) sui quali nel centrosinistra permangono valutazioni diverse, richiedono oggi una nuova fase”.
Sono solo alcuni stralci dal documento sottoscritto da Ulivo, Italia dei Valori e Rifondazione Comunista, la coalizione che sosterrà la candidatura di Cofferati a sindaco di Bologna.
Così, proprio nelle settimane in cui si sviluppava la lotta degli autoferrotranvieri, tutte le energie del Prc bolognese erano rivolte alla trattativa con il centro-sinistra per strappare un accordo accettabile, che spostasse a sinistra il programma dell’alleanza cofferatiana.
Crediamo che non sia un caso che, a parte un volantinaggio sugli autobus che esprimeva una generica solidarietà agli autisti, non si sia sviluppato un intervento davanti ai depositi Atc, nelle numerose assemblee, per offrire una prospettiva alla lotta. Non è un caso perché avrebbe creato tensioni imbarazzanti con quella burocrazia della Cgil che è parte fondamentale del blocco cofferatiano. Dal nostro punto di vista si trattava al contrario di un’ottima occasione per incalzare Cofferati e i partiti che lo sostengono: che posizione avete sulla lotta degli autisti? E quali programmi avete per l’Atc: applicherete il “contratto bidone” e continuerete a esternalizzare (cioè privatizzare) gran parte dell’azienda? Vi impegnate a ridurre le tariffe, tra le più care d’Italia, del trasporto pubblico a Bologna? Ma no, meglio un accordo pieno di frasi altisonanti quanto fumose, dove si affermano principi meravigliosi! Un esempio? “Occorre promuovere la dimensione comunitaria della città, sostenere adeguati livelli di qualità della vita degli abitanti, sviluppare modi e forme di solidarietà, garantire modi efficaci di partecipazione e di ampliamento del diritto di cittadinanza”.
L’entrata nell’alleanza politica con Cofferati e l’Ulivo nasce da questo ragionamento: Rifondazione Comunista non può essere estranea al movimento per cacciare Guazzaloca e per dare a Bologna un governo che si ponga in rottura sia con quest’ultimo che con la passata amministrazione Vitali (che con i suoi tagli e privatizzazioni ha portato alla vittoria di Guazzaloca nel 1999). In questo futuro governo il Prc dovrebbe entrare per far pesare le ragioni delle lotte e dei movimenti di questi anni.
Oggi la stessa segreteria che ha sostenuto la firma dell’accordo ammette che la trattativa ha prodotto ben miseri frutti. “Ma compagni, non poteva mica essere il nostro programma! Quello che non abbiamo ottenuto nell’accordo – aggiungono – lo otterremo con le mobilitazioni, chiamando alla lotta”. Insomma, dovremo lottare giorno per giorno con i nostri alleati per spostare a sinistra l’accordo, in piazza così come nelle sedute di giunta (“partito di lotta e di governo” si diceva una volta): è la solita canzone che ci hanno cantato per due anni col governo Prodi. I risultati disastrosi li conosciamo.
Veniamo ad alcuni punti importanti dell’accordo. Sulla casa “si auspica l’attuazione di una strategia complessiva di riduzione del costo della casa e degli affitti, che sviluppi l’incontro tra domanda e offerta”. Ci si illude quindi che facendo funzionare meglio il mercato i prezzi caleranno miracolosamente.
Sulla gestione dei servizi si accetta il principio della sussidiarietà che “va adeguatamente valorizzato nell’ambito delle autonomie locali, non potendo essere l’ente pubblico autosufficiente nel dare risposte alla multiformità delle problematiche che si presentano”: come con Vitali e Guazzaloca. Tagli su tagli, tanto poi a quello che non fa il Comune penseranno il volontariato e il Terzo settore, dove lavorano migliaia di giovani precari e sottopagati.
Nelle ultime dichiarazioni Cofferati ha superato a sinistra il testo davvero ambiguo sul Centro di detenzione per gli immigrati (Cpt). Si parlava infatti della necessità di individuare “soluzioni alternative che ne permettano la chiusura”.
Ambiguo perché da una parte il Comune non ha alcun potere di chiudere il Cpt, dall’altra non si capisce quale sia l’alternativa ad un carcere etnico dove si entra per il solo reato di non essere cittadini europei se non quella della immediata chiusura e liberazione di tutti i detenuti.
Cofferati si è ora espresso per la chiusura pura e semplice. Ma, visto che non può farlo con strumenti legali, dovremmo spingerlo a chiarire se intende organizzare lotte di massa. O ci accontentiamo della comoda affermazione che i Cpt andrebbero chiusi?
In tutta franchezza non vediamo nessuna rottura rispetto alle politiche della passata amministrazione di centro-sinistra.
Non dubitiamo che i compagni che si sono impegnati nelle trattative siano stati molto combattivi. L’accordo raggiunto è infatti il migliore ottenibile con quella coalizione, dove forze come la Margherita sono le dirette rappresentanti della borghesia.
È inutile sperare di ottenere domani quello che non abbiamo ottenuto oggi. La realtà è che Rifondazione non potrà che avere nella futura amministrazione un ruolo del tutto subordinato. Dati i rapporti di forza saremo costretti ad ingoiare molti rospi. E non riusciremo a chiamare in soccorso i movimenti ad ogni difficoltà. Tutta l’esperienza, a partire dal governo Prodi, dimostra che non esiste un rubinetto da aprire a nostro piacimento per far scorrere il flusso delle mobilitazioni. Non potremo neppure minacciare ogni giorno la rottura, perché saremmo ogni volta denunciati di fare il gioco della destra. È tra l’altro inevitabile che in una prima fase vi saranno enormi illusioni in Cofferati e la nostra entrata nell’alleanza non farà altro che alimentarle. Saremo travolti da quel clima, che indebolirà la nostra forza contrattuale, per poi essere coinvolti nella successiva delusione.
Non c’era alternativa?
La firma dell’accordo è stata ratificata da un Comitato Politico Federale del 15 gennaio con 46 voti a favore e 13 contrari. In realtà la segreteria si è orientata verso l’accordo appena è emersa la candidatura di Cofferati. Si è iniziata subito una trattativa con il centro-sinistra senza una discussione approfondita nel corpo del partito e senza neppure convocare un Cpf.
È tuttavia indiscutibile che nel partito sia ampiamente diffusa la sensazione che la stessa candidatura di Cofferati ci abbia messo con le spalle al muro e che non avessimo alternativa, secondo l’idea che “non possiamo tirarci fuori dalla lotta per cacciare la destra dal governo di Bologna”. Ma l’alternativa ad un atteggiamento settario esisteva eccome! Potevamo benissimo restare fuori dall’alleanza e fare la nostra battaglia al primo turno col nostro programma e il nostro candidato sindaco. Avremmo dichiarato la nostra ferma intenzione di fare una dura opposizione all’amministrazione Cofferati, appoggiando solo le misure realmente di sinistra che intendesse portare avanti. Ma avremmo dovuto allo stesso tempo dichiarare un sostegno unilaterale a Cofferati al secondo turno per sconfiggere Guazzaloca. Ovviamente senza chiedere apparentamenti né entrare in maggioranza. Certo avremmo dovuto rinunciare a qualche poltrona di assessore e probabilmente a uno o due consiglieri comunali (derivanti dal premio di maggioranza).
In compenso, dopo un primo periodo di lavoro controcorrente, le lotte che inevitabilmente si svilupperanno contro gli attacchi di Cofferati, avrebbero potuto trovare nel Prc quel punto di riferimento a sinistra così importante per superare l’isolamento e l’assenza di prospettive che spesso mostrano tante lotte coraggiose. Ed anche le facili strumentalizzazioni demagogiche di quella destra che tutti vogliamo cacciare, da Palazzo d’Accursio così come da Palazzo Chigi.