Si riaccende la lotta per il potere
La nomina di Primakov come primo ministro 9 mesi fa, segnava un punto di svolta nella politica russa. In mezzo alla grave crisi borsistica e ad un’inflazione che tornava a superare il 1000% annuo la cricca di capitalisti che ha fatto il bello e il cattivo tempo attorno a Eltsin era costretta a tirarsi indietro e a lasciare il governo ad un uomo come Primakov, che ricevette l’appoggio dei comunisti di Ziuganov e creò delle aspettative quando promise di "mettere ordine nell’economia" e pagare gli stipendi arretrati.
Scrivevamo allora che dopo questo primo scacco a Eltsin ci si poteva aspettare una svolta nella politica economica ed estera. Sempre più si sarebbero messe in discussione le ricette del Fmi e degli Usa colpevoli di aver provocato una crisi colossale mentre una minoranza diventava miliardaria. Ci si poteva aspettare anche un tentativo di consolidare l’economia russa con misure protezioniste in alcuni settori e un maggior interventismo dello Stato. Nel campo della politica estera era prevedibile un’aumento delle posizioni "antioccidentali" e anti-Usa in particolare. Un ritorno ad una visione geopolitica basata sullo sciovinismo grande russo.