Mai ministro fu più esplicito nell’esternare la propria volontà di
cancellare con un colpo di spugna i diritti che studenti e lavoratori
della scuola si erano guadagnati al prezzo di dure lotte e mai ministro
ebbe più fretta di farlo. La controriforma Tremonti-Gelmini, perchè di
questo si tratta, è già stata pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale
dell’1 settembre, all’interno del decreto legge 112 già in vigore.
La parola che più affolla le dichiarazioni del ministro è “razionalizzazione”, delle risorse umane e strumentali; che in gergo imprenditorial-politicante significa tagli, tagli e ancora tagli!
Stiamo parlando di quasi otto miliardi di euro in meno alla scuola pubblica in tre anni.
“Rivedere i criteri di assunzione del personale tecnico e amministrativo” significa 47mila in meno tra bidelli, personale di segreteria, amministrazione e tecnici di laboratorio. La riduzione del quadro orario alle superiori, a partire dagli istituti tecnici e professionali, porterà 35mila professori a casa.
Con i tagli dei finanziamenti per le assunzioni, al posto di molti docenti di ruolo ce ne saranno di precari. Avendo nomine nella maggior parte dei casi annuali, a ogni settembre vedremo molti dei nostri insegnanti cambiare, con buona pace per il giusto principio della continuità didattica.
Gli effetti complessivi di queste misure rischiano di essere devastanti: meno soldi, meno personale uguale meno scuole. La ministra, infatti, ha dichiarato che verranno accorpati tutti gli istituti con meno di 600 alunni. Solo un dato aumenterà, ed è il numero degli studenti per classe, creando situazioni di sovraffollamento, portando a un peggioramento verticale della didattica e più in generale delle condizioni di studio nelle nostre scuole.
Avanti tutta verso la privatizzazione
Questi ultimi provvedimenti economici non nascono dal nulla: ridimensionando i finanziamenti pubblici all’istruzione a livello strutturale, si apre la porta per l’ingresso prepotente dei capitali privati. Ogni scuola per poter sopravvivere dovrà sempre di più cercare i finanziamenti dalle aziende, le quali saranno disponibili a concederli solo se ne avranno una reale contropartita, oltre agli sgravi fiscali che il regime di fondazione garantisce. Così tecnici e professionali forniranno, con gli stage, manodopera gratuita alle aziende che li finanziano, come accade ormai da tempo. I dipartimenti di scienze dovranno piegarsi agli interessi delle industrie, quelli umanistici dovranno seriamente preoccuparsi della propria sopravvivenza. I pochi finanziamenti statali arriveranno in base ai risultati ottenuti dai singoli istituti e atenei, valutati da un organismo terzo (scelto dal governo): razionamento, altro che razionalizzazione!
Scuole e università, trasformate in fondazioni, diventeranno aziende a tutti gli effetti.
Inizia a materializzarsi quello che da molti anni è un sogno della classe dominante: creare un mercato dell’istruzione dove le singole scuole competono tra loro, distruggendo così la natura pubblica e unitaria dell’istruzione del nostro paese.
Questo non farà che aumentare la selezione di classe dato che tra scuola e scuola si creeranno differenze enormi e le più ambite inseriranno ogni forma di sbarramento (dalle tasse che lieviteranno, a test d’ingresso). I figli dei ricchi avranno insegnanti di qualità, palestre e laboratori pagati coi soldi di papà, i figli di chi lavora per uno stipendio tra i più bassi d’Europa si arrangeranno. I ragazzi del “produttivo nord” magari potranno stare in edifici almeno a norma di legge, quelli delle regioni più povere verranno lasciati a sè stessi.
Eccome se si torna all’antico, cara ministra, ma il “progresso” è solo per pochi ricchi! Nemmeno l’ex ministra Moratti era riuscita a costruire un sistema così chiaramente classista.
Criminalizzare ogni dissenso
Conscia della portata dell’attacco, la ministra ha già stabilito che linea tenere contro eventuali dissensi. Esemplare quanto accaduto al liceo Newton di Roma, dove alcuni precari che hanno fischiato la ministra sono stati identificati ad uno ad uno dalle forze dell’ordine.
Il medesimo principio viene traslato nelle scuole attraverso il voto in condotta che torna ad essere determinante ai fini della promozione. Con un 5 si viene bocciati, a prescinderedalla media delle altre materie. La maschera demagogica calata su questo provvedimento è quella della lotta al bullismo; ha un bel coraggio la ministra ad utilizzare questo spettro quando sono proprio i suoi provvedimenti a rendere inadeguata la scuola pubblica.
Per ragioni di spazio ci limitiamo qui a far notare che con classi di più di trenta alunni, con insegnanti sempre più precari e sottopagati, con una scuola che invece di accogliere, respinge, le problematicità non possono che esprimersi attraverso il canale più violento.
Ma il voto in condotta non sarà solo strumento di repressione contro chi reagisce, ha un significato pedagogico chiaro. La ministra lo ha detto molto chiaramente: “Ritengo indispensabile che nella scuola, ma anche nella società, si affermino alcuni valori: responsabilità, gerarchia, rispetto dell’autorità”. Insomma il sogno di una scuola che, invece di insegnare, giudichi, indottrini alla passività e all’accettazione dello stato di cose presenti, addomesticando generazioni di giovani a un futuro precario e una vita di sfruttamento.
Ecco cosa significa per lorsignori tornare a prima del ’68.
A partire da questo autunno sta a noi studenti assieme agli insegnanti reagire per far si che questo incubo non diventi realtà.
16 settembre 2008