La scuola pubblica non è in vendita
"Una direttiva ha ingabbiato la pantera (...) Insomma quelli che lo stesso ministro ha definito i rituali annuali di occupazioni e assemblee permanenti dovrebbero ormai appartenere al passato. Di che cosa mai potranno lagnarsi gli studenti?".
Queste erano le illusioni del Sole 24 ore del 4/4/’96, il giorno in cui Lombardi (allora Ministro della Pubblica Istruzione) aveva presentato la Direttiva 133 che concedeva l’apertura delle scuole al pomeriggio.
Nello stesso periodo il nostro giornale rispondeva: "Non tema Dottor Lombardi occupazioni e autogestioni non fanno parte del passato. I problemi sono tanti e sono tutti lì". I fatti sono ostinati ed hanno risposto meglio di noi.
A distanza di un anno quella direttiva è rimasta lettera morta mentre nella scuola i problemi si sono drammaticamente accumulati: la media di alunni per aula è salita da 23 a 24 e i corsi di recupero sono stati aboliti. Dal ‘95 ad oggi sono spariti 363 istituti e 11.500 classi.
Nelle scuole vi è uno scontento crescente che spinge gli studenti alla lotta.
Le mobilitazioni questo anno sono partite dalla questione della riforma della maturità. La riforma proposta da Berlinguer era fatta e pensata per aumentare la selezione. Questo è stato capito correttamente dagli studenti che in pochi giorni hanno dato vita a forti mobilitazioni spontanee costringendo il Ministro a rinviarne l’applicazione. Da quel momento le lotte non solo non si sono esaurite, ma anzi si sono generalizzate. Il 16 ottobre 400.000 studenti hanno sfilato nelle strade d’Italia. Quella data è stata seguita da un movimento di autogestioni ed occupazioni di massa e da un altro corteo nazionale: quello del 22 novembre a Roma. I progetti di svendita della scuola pubblica devono e dovranno sempre fare i conti con la "pantera" al di là delle vane illusioni di stampa, Confindustria e Ministri vari!
No all’Autonomia Scolastica!
In passato il movimento studentesco ha dato prova della sua forza, ma le mobilitazioni nelle scuole hanno spesso mancato di continuità. Come attivisti, il nostro compito è di discutere e di armare il movimento con un programma unitario e nazionale che chiarisca gli obiettivi del movimento stesso. Il punto centrale del nostro programma, ora più che mai, deve essere l’opposizione ad ogni forma di Autonomia Scolastica. Molte organizzazioni e strutture studentesche si stanno dimostrando ambigue sull’ "Autonomia", chiedendone di fatto "una corretta applicazione".
L’unica vera applicazione di questo progetto è la privatizzazione della scuola pubblica e la conseguente svendita del sistema formativo pubblico.
L’Autonomia Scolastica renderà gli istituti delle singole unità autonome dotate di personalità giuridica ed autonomia organizzativa. In questo modo le scuole si trasformeranno in tante aziende che competono tra di loro in un mercato del sapere.
Significativo è l’esempio della scuola tedesca dove gli istituti hanno già ottenuto l’Autonomia Organizzativa: "Dentifrici, software, scarpe da ginnastica e succhi di frutta. La pubblicità va a scuola in Germania e non si fa per dire: nelle palestre e nei cortili di un numero crescente di istituti sembra di essere allo stadio . (...) spiegano i responsabili della pubblica istruzione "in tempo di vacche magre, e con un deficit di bilancio in continua crescita, meglio un cartello della Coca Cola che una scuola chiusa". Sono i Presidi a gestire i proventi delle campagne, tocca a loro negoziare con le agenzie, decidere quali accettare e quali no. L’iniziativa è stata accolta con prudenza. Il principale sindacato degli insegnanti mette in guardia "contro pubblicità controproducenti" come quelle degli hamburger, per esempio, che potrebbero danneggiare le campagne di educazione alimentare avviate in molte scuole. Un altro rischio potrebbe essere la creazione di ‘sistemi a due velocità’: le scuole dei quartieri più poveri sarebbero svantaggiate nella raccolta pubblicitaria." (da La Stampa).
E’ una descrizione di quello che ci aspetta.
Nei progetti ministeriali è esplicitamente dichiarato che "gli istituti e i plessi scolastici che scenderanno sotto un numero minimo di iscritti" chiuderanno. In questo modo, ne spariranno altri 691 nei prossimi due anni. Le scuole sono già oggi spinte, aboliti i bacini di utenza, ad una concorrenza reciproca nel tentativo di accaparrarsi più iscritti per non chiudere. Questo processo verrà ulteriormente accelerato dall’Autonomia Scolastica.
La concorrenza fra i singoli istituti si giocherà sulla loro capacità di offrire un alto "profilo formativo". Saranno avvantaggiate le scuole con più computer, con un’edilizia migliore, con docenti migliori ecc. ecc.. Non è un caso che i quotidiani stiano pubblicando sempre più pubblicità degli istituti. Milano ne è un esempio: "Scegli la scuola giusta! Una guida con i servizi e i programmi offerti dai licei e dagli istituti magistrali (...) Con l’intenzione di dare qualche strumento in più per orientarsi alle 30mila famiglie che dovranno iscrivere i propri figli a scuola" (dal ViviMilano, inserto del Corriere della Sera, del 28/1/’97).
Le scuole dovranno aumentare le proprie spese di bilancio nel tentativo di essere competitive. In un contesto di mancanza di fondi e di Autonomia Scolastica, potranno pagare le proprie spese solo aumentando la richiesta di contributi diretti alle famiglie o legandosi al patrocinio di un privato. "Meglio un cartello della Coca Cola che una scuola chiusa", appunto!
Non è casuale che questa Finanziaria sancisca la possibilità "degli enti pubblici di legarsi alle sponsorizzazioni private".
Le scuole "migliori" saranno quelle legate ad uno sponsor o che chiederanno più contributi alle famiglie, escludendo gli studenti economicamente più disagiati.
Fermiamo la selezione scolastica
I tagli dei finanziamenti alla scuola pubblica si riflettono nell’aumento della selezione scolastica. La qualità di un sistema formativo pubblico non si misura nella sua capacità di selezionare i percorsi formativi degli studenti, ma in quella
di garantire a tutti condizioni di studio decenti indipendentemente dalle proprie risorse economiche.
"Su 100 ragazzi che si iscrivono alla scuola media solo 47 arrivano alla maturità. L’ultima ricerca del Ministero della Pubblica Istruzione sfata ogni luogo comune e qualsiasi illusione sulla scuola di massa e resuscita un fantasma un po’ démodé, quello di una scuola di classe (...). La selezione rispecchia lo status sociale. La scuola non riequilibra le differenze sociali: il 78% dei laureati manda il proprio figlio ai licei e l’80% dei padri con licenza elementare preferisce gli istituti tecnici" (dal Corriere della Sera del 26 settembre 1995). Agli istituti tecnici, dove più alta è la percentuale di figli di operai, vi è una selezione ulteriore del 56% (1 studente su 2 abbandona gli studi), contro il 38% dei licei classici. Gli ultimi dati sulla selezione scolastica sono del ‘95, ma in questi due anni questo fenomeno è sicuramente aumentato ed è destinato ad aumentare.
La percentuale di bocciati è passata dal 12% del ‘95 al 18% attuale.
La realtà è che in classi sovraffollate, con docenti precari in continuo turn-over gli studenti più agiati integrano le mancanze della scuola pubblica con l’aiuto dei genitori "acculturati" o con le costose ripetizioni private. I figli dei ceti meno abbienti non potendosele permettere, abbandonano gli studi! Le classi sovraffollate e la situazione disastrosa dei docenti non sono l’unico elemento di selezione: l’Autonomia Scolastica contribuirà in grossa parte all’aumento delle tasse scolastiche con la creazione di "un sistema a due velocità". Scuole di serie A per ricchi, di serie B per poveri.
A questo si aggiunge un aumento medio del costo dei libri di testo del 9% ogni due anni (+5% nel ‘96 e +4% nel ‘97)!
Neanche una lira alla scuola privata
Lo "Statuto dei diritti degli studenti" concesso dal Ministro Berlinguer l’anno scorso sanciva "il diritto di ogni studente ad avere un ambiente scolastico sano e sereno".
Intenzioni lodevoli, ma non si è vista una lira per applicarle. La Finanziaria del ‘97 prevedeva 4600 miliardi di tagli alla scuola pubblica in tre anni. Un mese dopo al Congresso del Pds Berlinguer dichiarava: "la scuola ha pagato un prezzo che nessun altra amministrazione pubblica ha mai pagato. ora basta!" e poi all’inizio di quest’anno scolastico rincarava la dose "I soldi? Prima li darò alla scuola pubblica e poi a quella privata".
In perfetta linea con le promesse del Ministro, la Finanziaria ‘98 ha previsto altri 2600 miliardi circa di tagli da ottenere con il taglio di 24.000 insegnanti. In nome dell’Autonomia questi tagli vengono delegati a Provveditori e Presidi.
Parallelamente vengono stanziati 263 miliardi per la scuola privata a cui vanno aggiunti i 110 dell’emendamento "Marini" per un totale di 373 miliardi in un anno. Se consideriamo i fondi previsti dalla Finanziaria per la creazione del "nuovo modello scolastico" basato sulla parificazione delle scuole private si arriva addirittura a 1500 miliardi annui di finanziamento alla scuola privata. Questi stanziamenti sono legittimati dal progetto di legge di Berlinguer intitolato "disposizioni per il diritto allo studio e per l’espansione, la diversificazione e l’integrazione dell’offerta formativa".
Per il Ministro è una "disposizione per il diritto allo studio" regalare 1500 miliardi all’anno alle private e tagliarne in media 1533 miliardi alla scuola pubblica. A tutto questo vanno aggiunti i soldi che già oggi i Comuni possono stanziare per le materne private: "l’ultimo caso riguarda Roma dove il sindaco Rutelli ha proposto e alla fine ottenuto un finanziamento di 17 miliardi" (dal Manifesto). Vi è una campagna demagogica da parte della stessa Chiesa che tenta di dimostrare come i finanziamenti agli istituti privati abbiano lo scopo di garantire il diritto allo studio. L’unico scopo che hanno è quello di salvare i "padroni degli istituti privati" da una forte crisi: "la scuola privata è negli ultimi anni in una grave crisi di "vocazioni", nel senso che sempre meno studenti e famiglie la scelgono.
I dati del Censis sono inequivocabili: erano l’8,3% nel 1990/’91; l’8,5% nel ‘91/’92; il 7,6% nel ‘92/’93 e il 7,4% nel ‘93/’94. Poi, nel 1995, è iniziato il precipizio e sono passati al 3,1%. Da quella data il Censis ha smesso di dare tali percentuali. (dal Manifesto del 19/11). I soldi alla scuola privata sono cresciuti proporzionalmente alla sua crisi. Nel ‘90 lo Stato le destinava 122 miliardi e 930 milioni, oggi 373.
La scuola media inferiore e superiore privata, in particolare, è passata da ricevere 30 milioni a ricevere 10 miliardi (grazie all’ "emendamento Marini"). Nello stesso periodo, dal ‘90 ad oggi, la percentuale del Pil (la ricchezza prodotta nel paese) destinata alla scuola pubblica è praticamente scesa di un punto percentuale passando dal 3,94% al 3,04%. Raddoppiano i finanziamenti alla scuola privata, diminuiscono quelli alla scuola pubblica! Questo è il diritto allo studio del "nuovo modello scolastico" dell’Autonomia!
La nostra richiesta deve essere quella di fermare immediatamente i finanziamenti alla scuola privata, per un raddoppio della percentuale del Pil destinato alla scuola pubblica. Prodi afferma che questo non può essere fatto per "mancanza di soldi". Non è una questione di mancanza di soldi. Il regalo alle scuole private è lì a dimostrarlo! E’ una questione di volontà politica! I soldi per la scuola pubblica possono essere presi dalle spese militari (8.000 miliardi nel ‘96) o dagli stanziamenti a fondo perso per gli industriali (50.000 miliardi).
Le lotte su questi punti sono destinate ad aumentare. Gli studenti hanno il vizio di mantenere le proprie promesse e prenderanno alla lettera Berlinguer quando dichiara: "la scuola ha pagato troppo! Ora basta!". Ora basta, lo diciamo noi!