Abbiamo visto in televisione e sui giornali la repressione poliziesca contro il corteo del 15 ottobre, il movimento No Tav e altre importanti mobilitazioni. Ma l’opera di repressione non si ferma ai casi più eclatanti: c’è un lavoro sistematico, invisibile e quotidiano volto a minare la possibilità di alzare la testa nella propria scuola o nella propria città.
L’ultimo mese ci ha fornito alcuni casi emblematici, che sappiamo di poter citare solo a titolo d’esempio di una casistica ben superiore.
A Milano, subito prima della vacanze di Natale, è arrivata una sospesione collettiva per 150 studenti del Liceo linguistico e delle scienze umane “Agnesi”. La ragione? Aver riunito un’assemblea a novembre contro lo stato di degrado in cui si trova la scuola. L’assemblea è stata vietata dal preside perché mancavano i giorni di preavviso regolamentari e quindi un mese dopo sono arrivati i provvedimenti disciplinari.
Un attacco ai diritti basilari di agibilità politica nelle scuole che abbiamo visto anche altrove. In alcune scuole del barese gli studenti sono stati minacciati di provvedimenti di ogni genere in caso di partecipazione alle manifestazioni studentesche: giustificazioni non accettate, diritto all’assemblea di istituto tolto, rappresaglie sui voti in condotta a fine anno, sospensioni temporanee mirate. Minacce che si sono poi puntualmente concretizzate.
La repressione ci accompagna anche fuori dalle scuole. Sempre a Milano si stanno svolgendo in questo mese alcuni processi contro attivisti politici, fra i quali spicca quello contro gli studenti denunciati nell’autunno 2008 nel corso del movimento dell’Onda. Come a dire: tranquillo che presto o tardi lo Stato si ricorda di te.
Cambiando città, a Modena abbiamo asssitito ancora una volta allo sgombero del Laboratorio Occupato Guernica, ennesimo esempio di repressione contro uno spazio sociale. Anche qui la repressione politica non si ferma alle porte delle scuole. All’Istituto Superiore d’Arte “Venturi”, infatti, sono arrivati venti cinque in condotta, sospensioni e non si esclude la punizione di dover assistere a corsi “riparatori” sull’attualità economico-sociale dell’Italia. Roba da rieducazione in stile Fiat.
Non parliamo di “eccessi” di questo o quel preside, ma di un lavoro cosciente con cui si vuole far passare ai giovani un messaggio: tu non puoi fare niente, se hai dei problemi il tuo ruolo è esporli tranquillamente a chi amministra la tua scuola, o la tua città, e sarà compito di queste persone prendere provvedimenti se lo riterranno opportuno; se invece esci dai binari, entri nella lista dei “cattivi” e puoi essere punito molto duramente.
Sappiamo invece che proprio questi amministratori se svolgono fedelmente il loro ruolo possono solo, chi più chi meno convintamente, eseguire il disegno di macelleria sociale (compreso lo smantellamento del diritto allo studio) che arriva dall’alto. Resistere alla repressione non solo è giusto quindi ma è necessario. Usiamo gli strumenti a disposizione, per quanto insufficienti. Ricordiamo che le lotte passate ci lasciano ad esempio un articolo dello Statuto degli Studenti che recita: “In nessun caso può essere sanzionata, né direttamente né indirettamente, la libera espressione di opinioni correttamente manifestata e non lesiva dell’altrui personalità”.
Ma soprattutto, ricordiamoci che la nostra forza organizzata è l’unica vera garanzia, che non si può impedire un’assemblea se gli studenti se la prendono, che i binari “istituzionali” saltano se c’è una mobilitazione vera che prende decisione diverse con una vera democrazia, che i provvedimenti repressivi possono essere bloccati.