Di fronte alla prospettiva di perdere tutto, la borghesia fu lieta di fare concessioni per salvarsi. Quel movimento, però, non andò fino in fondo: non rovesciò questo sistema. Rimase intatta questa società saldamente divisa in classi, all’interno della quale è impossibile realizzare una scuola realmente di massa. Questo si scontra con gli interessi dei grandi imprenditori, la classe dominante, che sempre hanno inteso la cultura come un privilegio o uno strumento asservito ai propri interessi. Oggi i governi, in assenza di lotte, si stanno rimangiando tutte le concessioni del passato, spingendosi anche oltre.
2000/2001: ENTRA IN VIGORE L’AUTONOMIA SCOLASTICA
Quest’anno entra ufficialmente in vigore l’Autonomia Scolastica, ovvero la privatizzazione della scuola pubblica, le cui conseguenze sono devastanti: concorrenza tra scuola per accaparrarsi iscritti e non chiudere, ingresso delle imprese nelle scuole, aumento dell’autoritarismo dei presidi e aumento delle tasse d’iscrizione. Ai problemi provocati dall’Autonomia si aggiungono le migliaia di miliardi tagliati alla Pubblica Istruzione e le centinaia regalati alle private e la chiusura delle scuole sotto i 500 alunni. La conseguenza di tutto ciò è una selezione classista.
La situazione non è destinata a migliorare, soprattutto se le destre torneranno al potere. È fondamentale che gli studenti riprendano a lottare cercando l’appoggio dei lavoratori, che fermando la produzione possono colpire direttamente la borghesia, vera ispiratrice della controriforma della scuola.
RIAPRIRE LA DISCUSSIONE NELLE SCUOLE
Gli effetti della distruzione della scuola pubblica non tarderanno a farsi sentire. Lo scontento tra gli studenti è destinato a crescere per le condizioni di studio insopportabili. Non possiamo permetterci che questo scontento si esprima in forme sacrosante di lotta, ma lasciate alla pura casualità: autogestioni improvvise dove gli studenti passano giorni soltanto rinchiusi nel proprio istituto o cortei non preceduti da una discussione nelle scuole sulle richieste da avanzare. Spesso le conseguenze di questo sono: trattative con il Ministro che non vengono portate avanti da rappresentanze democraticamente elette dagli istituti in lotta, organizzazioni studentesche che si autoeleggono rappresentanti di tutto il movimento È divisioni di piazza fatte all’insaputa degli studenti.
Questo è purtroppo il ritratto della parabola discendente del movimento studentesco dal ‘93 in poi. Questa parabola discendente ha spesso creato confusione nelle scuole È disaffezione verso la lotta.
Allora da dove ripartire? È necessario costruire immediatamente in ogni scuola collettivi o Comitati in difesa della Scuola Pubblica (Csp) e stendere un volantino in cui si chiarifichi agli studenti qual’è il nostro programma di lotta. Sulla base di questo programma si aprono mille possibilità: si può convocare un’assemblea pomeridiana per raccogliere le adesioni dei più interessati, promuovere raccolte di firma su tali rivendicazioni o presentarsi alle elezioni d’istituto creando una Lista in Difesa della Scuola Pubblica. Gli studenti più volenterosi e determinati non tarderanno a farsi avanti. Solo su questa base, all’inizio delle mobilitazioni, gli studenti dei collettivi e dei Csp saranno ascoltati e stimati dal resto della scuola. Può sembrare un obiettivo impossibile, ma tutto quello di cui si ha bisogno è un programma in cui gli studenti si riconoscano.
UN PROGRAMMA IN DIFESA DELLA SCUOLA PUBBLICA
Per noi questo programma deve basarsi su 4 punti fondamentali:
1)Potenziamento e gratuità delle strutture scolastiche: il nostro obiettivo è una scuola di massa che offra a chiunque, indipendentemente dalle sue condizioni economiche, un’istruzione di qualità. A questo scopo ci deve essere un numero di scuole pubbliche e aule adeguato alle esigenze; se quelle esistenti non bastano (è il caso della formazione professionale e degli asili) bisognerà costruirne di nuove. Laddove le scuole esistono già bisogna garantire che le strutture fondamentali (palestre, aule magne e laboratori) esistano e siano in buono stato. Una scuola di massa funzionante non può non essere di qualità e la qualità dipende fortemente dall’insegnamento: per questo rivendichiamo che gli insegnanti siano assunti tutti regolarmente (non più precari quindi), che vengano nominati fin da settembre e con un aumento sensibile dei salari. Infine una scuola di massa, per essere tale, deve essere completamente gratuita. Non ci devono essere tasse all’iscrizione, perché ognuno già paga le spese per la scuola con le normali tasse sul reddito; i libri devono essere acquistati dallo Stato e concessi in usufrutto agli studenti; i mezzi di trasporto usati per raggiungere la scuola devono essere gratuiti. Naturalmente per la realizzazione di tutto ciò è necessario che i fondi per la pubblica istruzione vengano raddoppiati.
2)Per una scuola democratica; l’autoritarismo negli istituti si concretizza attorno alla figura del preside, che da sempre rappresenta il controllo e la repressione dello Stato sul lavoro degli insegnanti e studenti. Sempre di più si sente di presidi che rifiutano di concedere assemblee d’istituto regolarmente richieste, che impediscono ai collettivi di esporre il loro materiale, che adottano misure punitive contro gli attivisti ecc. Finché nelle scuole ci sarà il preside, ci sarà repressione. Per questo motivo oltre a lottare contro tutti i provvedimenti antidemocratici, dobbiamo chiedere anche l’abolizione della figura del preside, che non ha nessuna funzionalità nella vita scolastica, ma l’unico scopo di controllare e reprimere. I compiti amministrativi e di coordinamento che egli svolge dovrebbero essere assunti da un "coordinatore didattico-amministrativo" eletto e revocabile dagli studenti e dai lavoratori della scuola. Solo questa sarebbe una scuola realmente democratica.
3)No alla scuola "interrogatorio"; la tendenza della scuola nell’ultimo periodo è di essere quasi esclusivamente uno strumento di verifica delle conoscenze degli alunni. Il peso assunto dalle verifiche, dai test e dalle interrogazioni è eccessivo e ridicolo: i ritmi di studio sono massacranti e spesso si viene interrogati su parti di programma nemmeno accennati in classe. La parte principale e irrinunciabile del lavoro a scuola dovrebbero essere le lezioni e le spiegazioni, che invece vengono sempre più relegate in secondo piano. Contro la scuola-interrogatorio rivendichiamo aule meno affollate dove si possano seguire più tranquillamente gli studenti; un tetto massimo settimanale di interrogazioni e compiti in classe; l’abolizione dei trimestri, dei pagellini e di tutte le altre diavolerie ministeriali che costringono i docenti a dedicare la maggior parte del tempo alle verifiche.
4)Vogliamo un futuro dignitoso dopo la scuola. Il panorama che gli studenti si trovano davanti, una volta finita la scuola superiore, è quello di un’università inaccessibile, di una forte disoccupazione (un giovane su 3 è disoccupato) e lavoro precario (a Milano 8 neoassunti su 10 sono precari). Non possiamo accettare che la scuola sia un parcheggio che ci prepari ad essere i disoccupati o gli sfruttati di domani. Per questo la nostra lotta per una scuola di qualità si lega a quella per un futuro dignitoso. Dobbiamo rivendicare il libero accesso all’università e serie misure contro la disoccupazione (come la riduzione d’orario di lavoro a parità di salario). Come negli anni ‘60 e ‘70 dobbiamo tornare a lottare per il diritto allo studio, e senza fermarci a questo lottare assieme ai lavoratori fino al rovesciamento dalle fondamenta di questo sistema: l’unica reale garanzia per ottenere una scuola pubblica di massa, gratuita, democratica e di qualità. È giunta l’ora di riprenderci il diritto allo studio.