Per una scuola pubblica, democratica, gratuita e laica!
Occupazioni e cortei studenteschi stanno attraversando l’Italia. Il Governo D’Alema sembra intenzionato ad andare avanti sulla propria strada. Il Ministro Berlinguer ha dichiarato che intende far approvare al più presto la legge sulla parità "per eliminare un pericoloso diversivo rispetto ai problemi seri da affrontare". Queste provocazioni mostrano la determinazione di questo Ministro nel proseguire la propria politica.
Il movimento studentesco deve rispondere con altrettanta determinazione. E la nostra forza non può essere altro che una sempre maggior consapevolezza e un sempre maggior coinvolgimento degli studenti nella lotta. Per questo è necessario far fare un salto qualitativo alla nostra protesta. Abbiamo bisogno di obiettivi chiari, di un programma da discutere nelle scuole, con cui unificare le nostre lotte.
Quella che segue è la proposta programmatica dei Comitati in difesa della Scuola Pubblica (C.S.P.) che si stanno diffondendo in tutta Italia e che ti invitiamo a leggere e discutere.
Fermare l’Autonomia Scolastica
1) Ritiro di tutto il pacchetto legislativo e di regolamenti applicativi dell’Autonomia Scolastica; che comprende:
• il decreto di "disciplina della qualifica dirigenziale dei capi d’istituto delle istituzioni scolastiche autonome". Questo decreto trasforma i presidi in "dirigenti scolastici con autonomi poteri di direzione". E’ un passo verso la creazione del "preside-manager". I nuovi "capi d’istituto" dovranno ricercare le risorse finanziarie e/o privati che accettino di sponsorizzare la scuola, avranno la possibilità di stabilire le modalità di svolgimento di corsi con "affidamento ad università, agenzie specializzate ed enti pubblici e privati". L’Autonomia Scolastica introduce i privati nelle scuole e sceglie come proprio garante il capo d’istituto.
• il regolamento applicativo dell’Autonomia Scolastica del 30/10/’98: stabilisce la fine di un’unica rete di scuole statali. Verranno create "Reti di scuole" a cui possono partecipare scuole e università pubbliche e private, enti pubblici o aziende. Le Reti di scuole possono mettere in comune "attività didattiche, di ricerca (...) beni e servizi", possono scambiarsi i docenti e stipulare convenzioni con "istituzioni, enti, associazioni o agenzie operanti sul territorio". Non solo si rinuncia ad un servizio scolastico che garantisca tutti ma vi potranno essere istituti legati alla Fiat, ai Salesiani o a qualsiasi altra azienda o agenzia di formazione professionale che permetteranno a dei privati di condizionare i corsi di studio sulla base dei propri interessi.
• il regolamento sul dimensionamento ottimale delle istituzioni scolastiche. Questo regolamento considera fondamentale al fine di "garantire l’efficace servizio dell’autonomia" che le scuole abbiano un numero di iscritti tra 500 e 900. Mentre il tetto massimo (900) potrà essere superato, le scuole che scenderanno sotto i 500 iscritti chiuderanno! Tra il ‘96 ed oggi sono stati soppressi 900 istituti. Questo regolamento accelera la chiusura selvaggia delle scuole. In regime di Autonomia, le scuole si fanno concorrenza per accaparrarsi più iscritti. Chi non resiste a questa concorrenza, chiude.
Nè una lira nè una concessione alle scuole private!
2) Ritiro di questa Finanziaria; l’attuale Finanziaria stanzia 1220 miliardi alla scuola privata: 340 miliardi come finanziamento diretto alle scuole private, 750 sotto la voce "diritto allo studio" ma mirati a sostenere la frequenza delle scuole private, 130 miliardi, infine, vengono spostati dalla voce "edificazione degli studentati universitari" alla legge sulla parità. A questo si aggiungono i finanziamenti stanziati dagli enti locali. Questa Finanziaria, inoltre, è piena di ambiguità: prevede 5209 miliardi alla scuola. La cifra può sembrare alta. La realtà è che, oltre alle voci già citate, comprende:
• 2700 miliardi circa per corsi di aggiornamento dei docenti "per favorire l’autonomia aziendale". Invece di promuovere un aggiornamento degli insegnanti sui programmi e sulla didattica, li si aggiorna su come gestire la controriforma della scuola.
• 1500 miliardi in tre anni destinati a sostenere la legge sulla parità e ad incentivare la sperimentazione dell’Autonomia Scolastica.
• 70 miliardi destinati ai comuni per sostenere il "sistema prescolastico integrato" ovvero le scuole materne private.
• un’infinità di piccole voci di spesa destinate a scuole medie inferiori non statali (16 milioni per il ‘99), scuole materne non statali (236 milioni per il ‘99) ecc.
Quanto esattamente viene destinato alla scuola pubblica? Difficile stabilirlo. C’è da notare un’altra alchimia parlamentare. La Finanziaria precedente prevedeva un taglio del 3% del personale scolastico. Da questo taglio è derivato un risparmio di 1370 miliardi circa che si sarebbe valutato di reinvestire nell’anno scolastico ‘99.
Anche se questa Finanziaria prevedesse effettivamente soldi per la scuola pubblica, sarebbero semplicemente i finanziamenti che ci hanno tagliato l’anno scorso e che ora gentilmente ci rendono.
3) Ritiro del disegno di legge sulla parità scolastica; questo disegno di legge viene giustificato con la necessità di dare delle regole precise alle scuole private. La realtà è che lo Stato non riesce a garantire neanche le regole della scuola pubblica, figuriamoci se riuscirà ad imporle a quella privata!
Il progetto di parificazione ha ben altro obiettivo: creare un sistema scolastico integrato di scuole statali e non statali che funzioni con criteri privatistici.
Questo progetto riconosce: "il valore e il carattere di servizio pubblico delle iniziative di istruzione e di formazione promosse da enti privati (...) con conseguente idoneità a rilasciare titoli di studio". Le scuole private funzioneranno in base ai criteri dell’Autonomia Scolastica: potranno fare convenzioni con privati, autocertificarsi, farsi pubblicità e stilare un progetto educativo proprio che gli alunni dovranno accettare al momento dell’iscrizione.
Potranno continuare a fare tutto quello che fanno adesso, con qualche passaggio burocratico in più. La parificazione, infine, mette a disposizione ampie possibilità di sgravi fiscali e di buoni scuola da dare alle famiglie e da spendere nelle scuole private.
Più soldi alla scuola pubblica!
4) Raddoppio della percentuale del Pil (Prodotto Interno Lordo - la ricchezza prodotta nel paese) destinato alla scuola pubblica; le Finanziarie del ‘96 e del ‘97 hanno tagliato circa 7000 miliardi alla scuola pubblica. Italia, Ungheria e Turchia sono gli unici tre paesi dell’Ocse ad aver sensibilmente ridotto le spese per la scuola e l’università in controtendenza con tutti gli altri stati membri.Secondo il rapporto Ocse l’Italia tra il ‘90 e il ‘95 ha ridotto tra il 20 e il 30% rispetto al Pil la spesa pubblica per l’istruzione, spendendo per l’insegnamento pubblico il 4,5% del Pil (rispetto a una media Ocse del 4,9%). Non solo: il 97% di quello che viene dato alla scuola pubblica è destinato a pagare gli stipendi del personale. Rimane una miseria da destinare alle strutture, ai corsi di aggiornamento ecc. Noi chiediamo che i finanziamenti alla scuola pubblica raggiungano il 7% del Pil.
5) Si prendano i soldi per la scuola pubblica da:
• le spese militari; dall’87 ad oggi i paesi Nato hanno apportato una riduzione media della spesa militare del 25%. L’Italia è l’unica che in 10 anni ha ridotto la spesa militare solo del 5,5%. L’attuale Finanziaria prevede per tutti i Ministeri l’obbligo di ridurre del 5% le spese di investimento. L’unico per cui è prevista un’eccezione è il Ministero della Difesa.
Sempre l’attuale Finanziaria prevede 1350 miliardi di tagli alla spesa militare. Ma ci troviamo di fronte ad un trucco: le spese per il nuovo caccia Eurofighter (quasi 800 miliardi) e voci di spesa varie per 1400 miliardi vengono semplicemente spostate sotto la voce "Ministero dell’Industria". La vera e propria spesa militare non diminuisce neanche di una lira.
• i finanziamenti a fondo perduto per gli industriali; tra Alfa Romeo, Fiat di Melfi e rottamazione solo alla Fiat sono stati regalati 50.000 miliardi in tre anni.
• i soldi dell’8 per mille destinati alla Chiesa; di questi soldi solo il 20% scarso risulta essere usato per opere di carità. Il resto viene usato per spese proprie della Chiesa. A questi dovremmo sommare 1200 miliardi annui per l’insegnamento dell’ora di religione.
Gli insegnanti di religione sono nominati dalla Curia, senza possibilità di interferenza statale, eppure sono stipendiati dallo Stato. E’ successo così che una docente di religione sia stata licenziata perché in cinta e non sposata! Ci pare che la Chiesa non sia povera e che uno Stato laico, come l’Italia, non dovrebbe concedere soldi ad enti privati religiosi. Se ci sono soldi da dare, chiediamo siano dati alla scuola pubblica!
Abbattimento dei costi di studio
6) Libri di testo gratuiti in usufrutto; i libri di testo sono lo strumento fondamentale dello studente. Oggi una famiglia italiana spende in media in libri alle superiori 750.000 lire all’anno. Quest anno il costo dei libri è aumentato del 6% (+5% a Roma e Milano, + 6% a Genova, +10% a Catania e Cagliari). Fino a che si mantiene questa situazione, parlare di diritto allo studio è pura ipocrisia. Chiediamo libri di testo in usufrutto, pagati dallo Stato e dati gratuitamente allo studente all’inizio dell’anno scolastico. Lo studente paghi i libri alla fine dell’anno solo se irrimediabilmente rovinati o se li vuole tenere!
7) Esenzione dal pagamento dei mezzi pubblici per gli studenti; il 21% degli studenti impiega più di 45 minuti a raggiungere la scuola. Chiediamo che l’iscrizione a qualsiasi corso di studi (anche serale) valga come esenzione dal pagamento del biglietto dei trasporti.
8) Iscrizione gratuita a scuola; le spese delle scuole devono essere pagate dalla fiscalità generale. Le nostre famiglie pagano già delle tasse alla fonte in base al reddito. Queste dovrebbero servire a sostenere anche le spese della scuola pubblica. Quando paghiamo i contributi scolastici stiamo pagando due volte quello che abbiamo già dato!
Per una scuola di qualità!
9) 20 alunni per aula; in classi sovraffollate non è possibile far lezione. Tra il ‘97 ed il ‘98 la media di alunni per aula è ulteriormente aumentata. Questo è il risultato della politica di tagli di questi anni: solo la Finanziaria dell’anno scorso
tagliava circa 11.000 classi tra istituti di ogni ordine e grado. Pretendiamo il tetto massimo di 20 alunni per aula!
10) Assunzione immediata dei docenti precari. Nomina di tutti i docenti di ruolo sin da settembre; ogni anno vi è un balletto di supplenti per coprire le cattedre scoperte del costo di 3300 miliardi. I docenti precari convengono al Ministero perché non hanno potere contrattuale e possono coprire i buchi scoperti. Non convengono, però, al nostro studio.
Confindustria (associazione degli imprenditori italiani) sostiene che precarizzando tutto il mercato del lavoro dei docenti la scuola diventerà più efficiente. In realtà i docenti precari sono in costante aumento (dal ‘96 al ‘97 sono aumentati di 26.000 unità). Eppure dell’efficienza neanche l’ombra. Assumendo immediatamente i docenti precari e nominando docenti di ruolo sin da settembre sarebbe possibile coprire tutte le cattedre scoperte e formare nuove classi!
11) Corsi di recupero garantiti e gratuiti tutto l’anno; la scuola deve dare a tutti la possibilità di recuperare le proprie lacune. Le ripetizioni private sono costose e non tutti se le possono permettere. I corsi di recupero devono essere facoltativi e tenuti tutti i pomeriggi. Se lo studente ha delle lacune deve sapere di avere un’assistenza pomeridiana a scuola per farsi ripetere la lezione o per un aiuto a svolgere i compiti.
12) No agli accorpamenti; piano di edilizia per la creazione di nuove scuole, per la ristrutturazione di quelle vecchie e creazione di aule magne; il regolamento di dimensionamento ottimale delle istituzioni scolastiche, come già spiegato, comporterà un’ondata di chiusure e accorpamenti. I consigli scolastici provinciali sono tenuti ad applicarlo dal 31/12 e non ci stupiremo se verso marzo verranno fuori progetti di accorpamenti o chiusure di scuole. L’accorpamento di una scuola è l’anticamera della sua chiusura. La scuola perde personalità amministrativa e, in regime di Autonomia e concorrenza tra istituti, questo ne comporta lo svuotamento.
Inoltre chiediamo un piano di edilizia che crei nuove scuole (in diverse scuole del sud si fanno i doppi turni) e che ristrutturi quelle vecchie e fatiscenti che in molti casi rappresentano un pericolo grave per la sicurezza degli studenti.
Chi rappresenta chi?
I mass media accusano spesso gli studenti in lotta di "essere mossi da vecchie ideologie" o peggio ancora di essere strumentalizzati dai "cattivi maestri" come ha detto l’Osservatore Romano di recente.
Cerchiamo di capire cosa c’è dietro tutto questo.
Non strumentalizza le lotte chi si presenta chiaramente e spiega di appartenere a una forza organizzata dichiarando alla luce del giorno il proprio programma e le proprie posizioni. Questa non è una strumentalizzazione, perché vengono messe sul tavolo tutte le posizioni che possono così essere discusse democraticamente. Ma al contrario: è uno strumentalizzatore chi nascondendo la propria appartenenza pretende di rappresentare "tutti gli studenti" senza avere da loro alcun mandato.
Non è un caso che AN in due anni a Milano abbia formato due coordinamenti di studenti, totalmente finanziati dal partito di Fini ma con la pretesa di essere "apolitici". Se questi studenti di destra avessero spiegato le proprie posizioni chiaramente (favorevoli all’Autonomia ed ai finanziamenti alle scuole private) come si è visto dal voto alla Camera, non avrebbero trovato neanche un briciolo di consensi nelle scuole.
Il problema della rappresentanza è un altro problema storico del movimento studentesco. E’ giusto che esistano strutture che riuniscano gli studenti su delle piattaforme rivendicative.
Il Csp, ad esempio, si propone di riunire tutti gli studenti contrari all’Autonomia Scolastica. Allo stesso tempo quando scoppia una lotta, vengono coinvolti nelle mobilitazioni nuovi studenti, non appartenenti a realtà organizzate preesistenti.
E’ corretto quindi che il movimento si dia una propria rappresentanza eleggendo nelle scuole, attraverso assemblee d’istituto, dei delegati revocabili in qualsiasi momento dalle assemblee stesse. Questi delegati, che formano un coordinamento democratico, possono essere gli unici a parlare a nome della propria scuola, a trattare con il Provveditore a livello locale e con il Ministro a livello nazionale, nulla togliendo alle realtà organizzate, che ovviamente hanno ogni diritto di difendere nel movimento le loro posizioni affinchè diventino maggioranza tra gli studenti.
Aderisci al Csp
Dal ‘93 ad oggi ondate di proteste hanno coinvolto le scuole d’Italia. Queste proteste dimostrano l’estrema vitalità del movimento studentesco italiano.
L’Autonomia Scolastica ci prepara solo disagi e non avrà mai una base di largo consenso tra gli studenti. Allo stesso tempo abbiamo un estremo bisogno di preparare le nostre lotte. I cortei non possono essere convocati dall’alto. Un corteo ha degli obiettivi, delle richieste, e questi devono essere discussi nelle scuole. Ogni studente che si senta di partecipare alle lotte, deve poterne discutere i contenuti!
Chi sostiene l’Autonomia Scolastica non ha bisogno di organizzarsi per sostenere le proprie posizioni: ci sono già tutti i giornali, i presidi, la propaganda del Ministro a cercare di convincerci della correttezza della privatizzazione della scuola pubblica.
Chi, invece, come noi, difende la scuola pubblica dall’Autonomia Scolastica, per dare ai figli dei lavoratori la possibilità di studiare, non può contare su nessuno se non sulle nostre forze.
Per questo non dobbiamo indugiare, dobbiamo organizzarci insieme in un Comitato diffuso a livello nazionale, democratico ed in difesa della scuola pubblica. Aderisci al CSP!