Il 16 settembre l’Abi, l’associazione che riunisce le banche italiane, ha comunicato si sindacati la disdetta del contratto nazionale, con 8 mesi di anticipo poichè, dopo 7 anni di crisi, la redditività delle banche italiane è crollata e rimangono in utile solo grazie alla liquidità fornita dalla Bce.
Di per sé il contratto cestinato dall’Abi non era certo una gran cosa per i lavoratori, prevedendo aumenti ridicoli e flessibilità selvaggia ma, in tempi di crisi, nemmeno queste briciole vanno più bene. La situazione è senza uscita e le banche scaricano tutto sui lavoratori. Dal 2008 al 2012 il settore ha visto l’uscita di 40mila addetti rimpiazzati da 5mila giovani spesso precari e sottopagati. Queste uscite sono state gestite con un fondo di solidarietà che, dal 2000, ha permesso il pre-pensionamento “morbido” che però ora è troppo costoso per le aziende. Il 31 ottobre il Fondo scade e va rifinanziato. Senza un accordo con il governo e l’ABI, si apre lo spettro della cassa integrazione se non di licenziamenti di massa.
I vertici sindacali hanno convocato lo sciopero nazionale per il 31 ottobre, senza peraltro predisporre ancora neanche un volantino per prepararlo. Per oltre dieci anni i sindacati, compresa la Fisac-Cgil, hanno sottolineato la positività del modello concertativo che aveva permesso chiusure di contratti senza conflitto.
Quella stagione è al capolinea.
*Cdr Fisac-Cgil Lombardia