La Cgil sta promuovendo una proposta della legge di iniziativa popolare che dovrebbe regolamentare tutto il mondo degli appalti sia privati che pubblici. Era ora! Dopo la riforma Fornero, anche quel minimo di regolamentazione è stato spazzato via quasi del tutto.
Le buone intenzioni non mancano, ma i buchi purtroppo sono di più.
Un esempio è la responsabilità solidale, che permette al lavoratore di appellarsi, chiedendo anche all’azienda committente tutti gli emolumenti che i contratti nazionali riconoscono e che la propria azienda non riconosce. Tuttavia questa disposizione può essere esclusa nei contratti nazionali, rimandando ad un Fondo di garanzia da istituire presso l’Inps, soldi che andrebbero a creare un altro ente bilaterale, e se ne sentiva la mancanza…
Si rende obbligatoria la comunicazione di cambio d’appalto ai sindacati e si introduce la clausola sociale, ovvero la garanzia occupazionale nei cambi d’appalto. Un punto chiave, ma anche qui c’è la falla: l’appaltatore entrante ha l’obbligo d’assunzione dei dipendenti occupati nell’appalto solo se previsto nel contratto collettivo nazionale, se applicabile ad entrambe le imprese (appaltatrice uscente, appaltatrice entrante) o se contenuto nel capitolato d’appalto. Dunque se nell’appalto non è previsto l’utilizzo del medesimo personale nulla può garantire i posti di lavoro.
Più che a tutelare i lavoratori si punta a ritagliare lo spazio per la mediazione sindacale, in un settore dove fin troppo spesso ci sono organizzazioni che agiscono da cinghia di trasmissione delle cooperative e non certo da difensori dei diritti dei lavoratori.
La relazione al progetto di legge sparge le solite illusioni: “puntare non sullo sfruttamento ma su modelli di efficienza della produzione: uno sviluppo economico socialmente equilibrato e di maggior efficienza nel lungo periodo”. Utopie…
Fino a quando ci saranno appalti è giusto lottare per il rispetto dei contratti e per tutte le tutele possibili, ma il sistema degli appalti è nato per comprimere diritti e salari e va tagliato alla radice.