Se qualcuno si era illuso che dopo aver sacrificato l’articolo 18, gli ammortizzatori sociali e le pensioni, per il 2012 governo e padroni potevano ritenersi soddisfatti, è stato prontamente deluso.
Il governo Monti ha nei suoi piani ancora tanto lavoro.
Intensi sono gli incontri tra le parti sociali in questi giorni, l’obbiettivo dichiarato è arrivare al vertice europeo del 18 ottobre con un nuovo scalpo, il fatidico Patto per la produttività.
Un accordo che, in cambio di sgravi fiscali su premi di produzione e straordinari, prevede la moratoria sui rinnovi contrattuali e ulteriore flessibilità sugli orari di lavoro. Sono anni che, picconata su picconata, il contratto nazionale è sempre più una scatola vuota e tutto viene demandato ad accordi aziendali. Ma siccome ai padroni non basta mai, ecco che con il contratto dei chimici e dei farmaceutici (firmato nella notte del 22 settembre) si mette un nuovo tassello.
A livello aziendale i padroni potranno fare praticamente tutto quello che vogliono su salari, condizioni di lavoro e precarietà.
Già di per sé l’aumento salariale, distribuito su tre anni, è basso e ovviamente non recupera neanche lontanamente l’inflazione. Il tanto sbandierato aumento medio di 148 euro suddiviso in quattro rate entrerà a regime allo scadere dei tre anni, ovvero nel 2015. I lavoratori della categoria vedranno 10 euro il prossimo dicembre, altri 33 il mese successivo, un’aggiunta di 43 nel gennaio 2014, solo nel 2015 in due rate avranno gli altri 62 euro. Il 42% dell’aumento sarà dato tra DUE anni.
Ma non è finita qui perché l’accordo dà la possibilità alle aziende di posticipare fino a 6 mesi le rate dell’aumento. Inoltre grazie all’accordo capestro firmato da Cgil, Cisl e Uil con Confindustria il 28 giugno del 2011 si potrà, a livello aziendale, senza più passare dal contratto nazionale (cosa che invece era prevista nel contratto precedente) inserire specifiche deroghe che permettono di modificare orari, organizzazione del lavoro e salario dei nuovi assunti.
Ovviamente nel contratto è specificato che tutto ciò è temporaneo e può essere fatto solo previo accordi coi sindacati aziendali. Ma come l’esperienza insegna questa è la classica foglia di fico. Laddove ci sarà un minimo di rapporti di forza forse si limiteranno i danni (che saranno comunque ingenti), laddove questi rapporti non ci sono (nella maggioranza dei casi) le intese temporanee diventeranno la norma.
Il contratto riguarda quasi 200mila lavoratori distribuiti in oltre 1.600 aziende e, tolta qualche decina di grandi aziende, questo significa che la maggioranza dei lavoratori nelle piccole e medie imprese subirà unilateralmente questi peggioramenti.
Del resto a parlare sono i fatti, questo accordo è stato sottoscritto con tre mesi d’anticipo rispetto alla sua scadenza naturale e ovviamente senza neanche un’ora di sciopero. Si è mai visto un padrone costretto a cedere qualcosa senza il conflitto? Certo che no, la sostanza è che i sindacati di fatto hanno sostanzialmente sottoscritto quanto chiesto da Federchimica, e la loro unica concessione consiste nell’aver accettato che tutto ciò è temporaneo (concessione destinata a essere rimangiata molto presto).
Il segretario della Filctem, la categoria dei chimici in Cgil, dopo aver siglato l’intesa si è dimesso in polemica con la segretaria generale della Cgil Susanna Camusso che, da tempo, l’aveva sfiduciato. Purtroppo questa sfiducia non è motivata dal pessimo contratto firmato, ma solo da logiche burocratiche interne alla categoria. Infatti anche se la Camusso e il direttivo nazionale della Filctem hanno dato un giudizio negativo sull’intesa, proponendo di modificarne i punti peggiori, questo giudizio negativo non si trasformerà in una opposizione al contratto e ritiro della firma.
Il contratto è inaccettabile, così come è inaccettabile la subalternità della Cgil a Federchimica e Confindustria. Sono questi metodi, questi contratti che allontanano i lavoratori dal sindacato. Sono questi gli atteggiamenti che pregiudicano la disponibilità alla mobilitazione dei lavoratori.
È questo il motivo per cui dobbiamo proseguire nella costruzione di un’opposizione di classe in Cgil.