La politica dei proclami di Fiat è utilizzata, principalmente, come vuota propaganda, ancora di più oggi che si sta procedendo al rinnovo delle rappresentanze sindacali in tutti gli stabilimenti. Le elezioni sono state precedute dall’ennesimo scontro tra le sigle firmatarie del Ccsl (il contratto specifico di lavoro vigente in Fiat) e la Fiom. Nonostante infatti le tute blu della Cgil abbiano ottenuto dalla Corte costituzionale il diritto ad esercitare le funzioni sindacali in Fiat, sono state vergognosamente escluse dal rinnovo delle Rsa!
I sindacati firmatari hanno confermato che la firma della Fiom al contratto collettivo è una discriminante per poter partecipare alle elezioni. I metalmeccanici della Cgil hanno ribadito la loro indisponibilità a firmare il contratto della discordia, avendo ottenuto il riconoscimento a essere presenti in Fiat sulla base della partecipazione alle trattative e perché sono un sindacato rappresentativo per numero di iscritti.
Fim e Uilm ritenevano indispensabile segnare una differenza tra chi ha sottoscritto il contratto e chi lo ha avversato. Nel Ccsl, infatti, per cautelarsi da questa eventualità, era stata inserita una clausola che precludeva ai non firmatari la partecipazione alle consultazioni dei lavoratori. Il risultato è stato l’esclusione delle liste Fiom dalla competizione elettorale. I lavoratori si esprimeranno solo su preferenze nominali tra i delegati di sigle compiacenti, mentre non potranno, vista l’esclusione, pronunciarsi sui differenti modelli sindacali. I kapò del sindacato moderno continuano a fare da guardie, spalleggiando un sistema che non garantisce in nessun modo la libertà di pensiero.
Le votazioni si sono svolte già a Melfi e alla Sevel. Mentre scriviamo si stanno svolgendo alla Ferrari e a Pomigliano. Ovunque, nei siti produttivi in cui si sta procedendo al rinnovo Rsa, i lavoratori subiscono dall’azienda spinte per la partecipazione al voto. A Pomigliano i lavoratori sono stati richiamati in coincidenza delle elezioni, con le urne aperte, per garantire il loro voto, nonostante siano in Contratto di solidarietà e non indossavano tute da lavoro da tempo. Alla Ferrari, invece, i lavoratori, vista la bassa affluenza durante le operazioni di voto, sono stati sollecitati dai propri capi a recarsi a votare. I proclami di Marchionne, uniti ai comportamenti nei singoli siti, rendono chiara l’interferenza che la direzione aziendale sta mettendo in campo. L’aver annunciato nuove produzioni e promesso nuove assunzioni crea un clima favorevole a Fim, Uilm e Fismic, che traggono benefici delle azioni aziendali.
Il discorso è diverso per la nomina dei rappresentanti per la sicurezza dei lavoratori (Rls). Le regole stabilite per legge non permettono le esclusioni delle liste Fiom. I rinnovi delle Rls avranno un carattere più politico e democratico e si svolgeranno entro giugno. I presupposti di questi giorni lasciano intendere che Fiat interverrà ancor di più in quelle elezioni.
A tenere banco nel dibattito Fiat non ci sono solo le elezioni: l’indizione dei sabati di straordinario a Melfi e Pomigliano ha spinto infatti la Fiom a proclamare lo sciopero. A Melfi i ritmi sono insostenibili, ci giunge voce che si producano 500 vetture a turno, un numero impressionante, che aggiunto ai sabati di recupero e all’anticipo del turno notturno alla domenica, bastano a far comprendere la necessità dello sciopero. A Pomigliano niente giustifica che i lavoratori vengano massacrati con ritmi forsennati. Specie se ancora 2mila lavoratori che svolgono al massimo due giorni di lavoro al mese vengono esclusi da queste comandate.
Su questo tema si sono scatenati tutti i quotidiani nazionali. Lo sciopero è stato dichiarato da questi nobili pennivendoli ideologico e senza senso, tramite una campagna denigratoria basata sulla bassa adesione allo sciopero. Visto il clima di terrore instaurato e la platea di possibili scioperanti il risultato era scontato. La stragrande maggioranza degli iscritti Fiom si ritrova nei Cds e non è stata comandata a lavoro, questo non elude però la giustezza di quello sciopero. A Pomigliano d’Arco, quando la Fiom negli ultimi mesi ha proclamato le assemblee, la fabbrica si tramutava in caserma. Ad ogni uscita dai reparti, appositi posti di blocco inscenati dall’azienda con tanto di vigilanza, capi reparti e direttori, scoraggiavano i lavoratori a partecipare, ricordando loro le discriminazioni degli anni scorsi, dove si veniva chiamati al lavoro solo distanziandosi dalla Fiom.
La rassegnazione accumulata dai lavoratori ai tanti soprusi subiti ben presto si trasformerà in rabbia. Oggi purtroppo nei tanti vince ancora la paura come forma di autotutela. Quando questa strada fallirà, mettendo a nudo i propri limiti, non resterà che lottare.