Oltre 350 milioni di ore di cassa integrazione nei primi quattro mesi dell’anno e più di 510mila lavoratori a zero ore per una perdita di reddito di 1,3 miliardi di euro. La meccanica continua ad essere la più colpita con 120 milioni di ore e 175mila lavoratori, seguono il commercio e l’edilizia con quasi 50 milioni di ore a testa, 120mila lavoratori coinvolti. Ecco i dati dell’Inps dei primi quattro mesi del 2014.
Nel Sulcis i lavoratori Alcoa continuano a lottare contro la chiusura, gli operai della Maserati di Grugliasco sono stati redarguiti da Marchionne perché hanno scioperato contro la misera proposta di aumento (15 euro lordi al mese) di Fiat. Gli operai degli appalti nelle ferrovie hanno scioperato contro l’ennesima ristrutturazione e i lavoratori delle cooperative nella logistica, organizzati dal Si Cobas, sono stati nuovamente malmenati dalla polizia perché lottano contro condizioni da schiavi.
La lista potrebbe proseguire a lungo, il ricatto, la minaccia sono sempre all’ordine del giorno, il profitto è l’unica cosa che interessa.
Nonostante le minacce che il padronato impone, i lavoratori, tentano di contrapporsi.
È evidente che il problema non è la frammentazione dei lavoratori, tanto meno la passività, il problema è il gruppo dirigente sindacale che persegue l’illusione di essere la cerniera tra gli interessi tra lavoratori e padroni continuando a produrre proposte e accordi gravemente inadeguati.
Un caso lampante è quanto accade in Lombardia. Tempo fa Cgil, Cisl e Uil a Milano firmarono un accordo su Expo che offriva alle aziende lavoro gratis (18mila volontari) e lavoro sotto pagato (stage a 500 euro al mese). Non contenti recentemente ne hanno firmato un altro con la Regione Lombardia che offre altra precarietà. Solo la Fiom si è rifiutata di sottoscrivere questo ennesimo regalo ai padroni, che non hanno soldi per i lavoratori ma sì per le tangenti.
Stando così le cose il Presidente del Consiglio Renzi ha gioco facile a raccogliere simpatie anche tra i lavoratori nonostante i numerosi provvedimenti antioperai. Sappiamo quale fregatura si nasconde dietro i famosi ottanta euro nelle buste paga a maggio, ma quanti lavoratori hanno visto negli ultimi vent’anni un aumento contrattuale così?
Quando Renzi ha peggiorato i contratti a tempo determinato la Cgil si è solo lamentata. Ora che Napolitano ha ratificato il decreto legge del governo che attacca i lavoratori del pubblico impiego la Cgil sta a guardare. Il decreto prevede il taglio del 50 per cento dei permessi sindacali, l’accorpamento dei vari enti, la privatizzazione di tutta una serie di servizi che verranno ceduti ad aziende appaltatrici al massimo ribasso, con conseguenti esuberi che saranno obbligati a trasferirsi fino a 50 chilometri da casa. Tutto ciò mentre continua il blocco dei salari che si traduce in una perdita di oltre 2mila euro all’anno per i lavoratori dal 2010 a oggi.
Gli unici che hanno promosso la necessità di rilancio di una piattaforma nel pubblico impiego in Cgil sono stati il nostro compagno nel direttivo nazionale Mario Iavazzi e gli altri compagni dell’opposizione in Cgil. Piattaforma che verrà discussa alla festa dell’opposizione in Cgil (Il sindacato è un’altra cosa) a fine luglio a Viareggio.
In compenso il vertice ha lanciato una modestissima piattaforma unitaria con Cisl e Uil in cui si chiede sommessamente al governo di sedersi a un tavolo per discutere di modifiche secondarie alla legge Fornero e di... evasione fiscale. Un gruppo dirigente allo sbando quindi che a inizio maggio minacciava senza crederci, mobilitazioni contro Renzi e che due settimane dopo, davanti alla vittoria alle europee, lo elogia.
Landini, l’opposizione in Cgil, il movimento degli autoconvocati contro la riforma Fornero, i sindacati di base (che hanno scioperato il 19 giugno mostrando però grandi difficoltà di mobilitazione) devono fare un appello allo sciopero generale offrendo una piattaforma in grado di unire tutti gli sfruttati con un credibile percorso di mobilitazione. Il problema non è indicare una data per uno sciopero, ma essere in grado di dimostrare di essere determinati ed avere una strategia e una piattaforma adeguate da portare ovunque possibile. Trincerarsi nella propria categoria o nel proprio sindacato non serve a nulla e non rompe il giustificato scetticismo che prevale tra i lavoratori. Riprendere l’iniziativa significa in primo luogo dar voce al malcontento e smontare l’alibi della rassegnazione dietro cui si nascondono le burocrazie sindacali.