Il New york times del 4 ottobre scorso ha pubblicato un interessante reportage sulla situazione nella repubblica di Donetsk, di cui riportiamo interi stralci.
"Nella regione di Donetsk, in Ucraina orientale, il Soviet supremo, con il suo Presidente Boris O. Litvinov, sta nazionalizzando le miniere di carbone e rilanciando la proprietà collettiva.
Ai cortei e alle manifestazioni, la gente sfila con bandiere rosse con la falce e il martello.
I mini-stati separatisti non riconosciuti, in Ucraina orientale, le repubbliche di Donetsk e di Luhansk, hanno subito una esperienza terrificante il mese di agosto, quando solo un'incursione militare russa ha sconfitto l'esercito ucraino mentre era sul punto di completare la campagna di liquidazione dei ribelli. Il cessate il fuoco che ha preservato lo status di semi-autonomia delle regioni è stato firmato il 5 settembre.
Nella relativa tregua dei combattimenti, i leader ribelli dell'Ucraina orientale hanno cominciato a dare vita ad un tipo di stato neo-sovietico.
Tale nostalgia sovietica può sembrare ridicola agli occidentali, ma dove il modello è stato istituzionalizzato è ben accolto dalla cittadinanza.
La leadership della Repubblica Popolare Donetsk è composta da volontari russi e residenti locali che inizialmente, proprio per le loro idee pro-sovietico erano stati messi ai margini, ma ora il loro consenso è in netto aumento.
'Negli ultimi 23 anni in Ucraina è arrivata un'immagine negativa dell'Unione Sovietica,' ha detto Litvinov in un'intervista. 'L'Unione Sovietica non era carestia o repressione. L'Unione Sovietica era soprattutto miniere, fabbriche, il primo uomo nello spazio, la vittoria della Guerra. Scienza, istruzione e fiducia nel futuro'.
Il revival sovietico non è l'unico che ha sostegno fra i ptotagonisti della sollevazione. Un'icona nell'ufficio di Litvinov, un regalo di un politico russo, illustra gli elementi religiosi e nazionalisti della ideologia della Nuova Russia.
Tuttavia, l'influenza sovietica è chiara.
Il vice ministro della difesa, Fyodor D. Berezin, 'Sì, abbiamo un parlamento e così via, ma governiamo con metodi militari', ha detto in un'intervista. 'E' una situazione necessaria. La democrazia, quella bella struttura di società, è possibile quando le risorse sono abbondanti. Risorse che adesso non abbiamo. L'inverno è qui.' "
Quello che sta avvenendo nelle repubbliche di Donetsk e di Luhansk è ovviamente un processo pieno di contraddizoni, visto che insieme a misure progressiste avanzano anche aspetti reazionari.
Come marxisti però guardiamo con interesse tali processi.
Difendiamo quindi l'economia pianificata, ma non solo e non basta. La democrazia, intesa come controllo della classe lavoratrice su ogni aspetto della produzione e dell'amministrazione della cosa pubblica, non è solo "una bella struttura". È una condizone decisiva per non ripetere il fallimento dell'ex URSS, dove la burocrazia che si autodefiniva "comunista" si è velocemente riciclata, dopo il crollo del muro di Berlino, come nuova classe capitalista.
Inoltre rivendichiamo come, affinchè il processo possa risultare vittorioso, un altro presupposto imprescindibile sia una prospettiva internazionalista, un appello all'unità dei lavoratori ucraini e russi contro gli oligarchi di entrambe le nazionalità, per un cambiamento reale delle condizioni di vita e di sistema.