Ci hanno tolto talmente tante cose, che alla fine ci hanno tolto anche la paura. Dall'intervento di una donna del quartiere di Gamonal nell' assemblea popolare.
A gennaio di quest’anno Gamonal un quartiere operaio di 65mila abitanti della città di Burgos, nella regione di Castiglia-Leòn, storico baluardo della destra spagnola, è diventato in dieci giorni un simbolo della capacità che hanno le masse, se decise a combattere fino alla fine per i propri diritti, di superare tutti gli ostacoli, di rendere possibile quello che alla maggior parte di loro sembrava impossibile fino a poche settimane prima.
La storia.
Gamonal è un quartiere cresciuto tra gli anni ’50 e ’70 quando la speculazione edilizia ha costruito in un lampo centinaia di case per i nuovi operai che arrivavano in massa dalle campagne, senza preoccuparsi minimamente dei servizi correlati necessari, come ad esempio i posti auto. Oggi è un quartiere di lavoratori, pensionati, immigrati con un tasso di disoccupazione di circa il 30% e tante necessità insoddisfatte.
Per anni i cittadini hanno chiesto al comune di riasfaltare le strade piene di buche, di ristrutturare la biblioteca che cade letteralmente a pezzi, di migliorare l’illuminazione del quartiere, e soprattutto di aumentare i posti a disposizione negli asili comunali. Infatti a Burgos vivono 7000 bambini tra 1 e 3 anni a fronte di soli 306 posti negli asili pubblici. Nonostante questo e nonostante le 13mila firme raccolte nel quartiere, il comune ha chiuso il Gamonal Norte (40 posti) e il centro RioVena (127 posti) per mancanza dei 187mila euro necessari alla sua ristrutturazione.
Però il consiglio, da sempre in mano al PP, ha trovato invece 15 milioni di euro da stanziare per la trasformazione di Calle Vitoria in un boulevard, allargando i marciapiedi e sostituendo posti auto oggi gratuiti con un parcheggio sotterraneo a due piani i cui posti auto sarebbero stati affittati per 40 anni a 19.800 euro. Questo è stato giustamente visto come una provocazione e l’apertura di un nuovo asilo con 102 posti non è stato sufficiente a calmare gli animi.
Altro elemento di malcontento è stato poi la ditta incaricata dei lavori. A Burgos tutti sanno chi è Miguel Mèndez Pozo, già condannato nel 1992 a 7 anni per corruzione. Proprietario del principale quotidiano della città e a capo di un gruppo di 62 aziende è ancora conosciuto come “el Jefe” (il capo). E non a caso i cortei fiume che si sono mossi da Gamonal avevano oltre alla Questura e al Comune anche un’altra destinazione: gli uffici di questo speculatore che ha fatto fortuna all’ombra del PP. Con queste premesse nel 2013 si sono raccolte firme contro i lavori per il boulevard e si è organizzato un corteo di protesta a cui hanno partecipato circa 3000 persone. Nonostante questo il comune ha deciso di iniziare i lavori appena dopo la Befana.
Il quartiere reagisce.
Il 9 gennaio c’è il primo corteo che blocca il traffico in Calle Vitoria. Non più di 100 persone. Entro un paio d’ore si scioglie senza incidenti. Il 10 alla sera, piccoli gruppi di persone del quartiere in segno di protesta provano a bloccare l’uscita del cantiere. La polizia interviene per allontanarli, ma questo non fa altro che provocare l’afflusso di centinaia di altre persone che nonostante il freddo rimangono per strada lanciando slogan contro sindaco, cantiere e polizia. La tensione va crescendo fino ad arrivare alle 22 al lancio di pietre e alla carica della polizia. Ma stavolta la gente non torna a casa, a piccoli gruppi comincia a bruciare i cassonetti della spazzatura e a distruggere le transenne intorno al cantiere, durante la notte viene colpita la prima vetrata di una banca. Dopo ore di scontri il bilancio è di 17 fermati e diversi feriti.
Governo centrale, regione e comune si affrettano a dichiarare che i lavori non si sarebbero fermati, stigmatizzando la protesta violenta organizzata da “gruppi radicali provenienti da fuori città”. Il pomeriggio dell’11 gennaio oltre 1000 persone marciano dal cantiere alla questura per chiedere il rilascio degli attivisti arrestati. Alla fine del corteo un gruppo di circa 200 persone improvvisa delle barricate per bloccare il traffico, bruciando cassonetti della spazzatura e rompendo le transenne del cantiere, le vetrate del commissariato della polizia comunale e quelle di tre banche. Ci sono nuovi forti scontri con la polizia terminati con 23 fermi e 12 feriti.
Nel pomeriggio del 12 gennaio circa 3500 persone partono dal quartiere di Gamonal dirette alla sede di Promecal, il gruppo responsabile dei lavori. Durante il ritorno verso casa, dopo aver bloccato la strada con barricate date alle fiamme e avere divelto ancora una volta l’intera recinzione del cantiere, la gente attacca un edificio del Banco Santander, la principale banca spagnola. Questa volta la polizia non interviene, il numero di manifestanti e l’appoggio unanime del quartiere lo sconsigliano.
Da questo momento in poi si fa sempre più largo tra la popolazione la convinzione che la lotta sia necessaria e possa portare alla vittoria. Il goffo tentativo del governo di distinguere tra protesta civile (che fino ad allora non aveva portato nessun risultato) e violenze perpetrate dai “provocatori arrivati da fuori” non divide i manifestanti. Tutti conoscono gli attivisti arrestati: tutti tranne due sono nati nel quartiere. Viene organizzata una colletta per pagare le multe, mentre si esige la liberazione dei detenuti.
Il 13 gennaio la lotta riprende alle 6,30 del mattino con un presidio, convocato mediante passaparola, per impedire che alle 8 il cantiere apra. Il presidio diventa permanente. Due volte al giorno si tengono assemblee con migliaia di partecipanti per discutere il da farsi. Il cantiere si ferma e la polizia non può farci niente. Il 14 gennaio arriva un nuovo corpo di polizia: la Unidad de Intervenciòn Policial (UIP). 200 celerini provano a mettere il quartiere sotto un coprifuoco non dichiarato. Aumentano i fermi e aumenta anche la rabbia dei cittadini. Nel pomeriggio il sindaco annuncia la sospensione temporanea dei lavori per “mantenere la pace sociale”. L’assemblea gli risponde che il cantiere è già fermo da giorni, di volere la chiusura immediata del cantiere, la liberazione dei detenuti e le dimissioni del sindaco e del vicesindaco.
¡Vecinos! ¿de verdad queremos volver a nuestras vidas amargas de hace unos días, esos días en los que nos veíamos como desconocidos? ¿O queremos crear algo fuerte?
Vicini! Volete tornare alle nostre amare vite di qualche giorno fa, quei giorni in cui ci guardavamo come degli sconosciuti? O vogliamo creare qualcosa di più forte?
Questa domanda è posta da un cittadino di Gamonal durante l’assemblea della mattina del 15 gennaio, il giorno dopo l’annuncio da parte del sindaco Javier Lacalle della sospensione dei lavori per almeno 15 giorni. La risposta è unanime. Nell’assemblea si tocca con mano la forza dell’unità, l’idea che se gli sfruttati si uniscono nella lotta tutto diventa possibile. In tutta la Spagna si parla di Gamonal sui social network, in diverse città si organizzano manifestazioni di solidarietà. L’assemblea decide di proseguire con l’assedio al cantiere fino alla chiusura definitiva, la liberazione dei detenuti e l’espulsione dei celerini da Burgos.
“Non lottiamo solo contro il boulevard, ci sono molte altre cose”
Gli abitanti di Gamonal cominciano a parlare nelle assemblee anche della mancanza di un cinema di quartiere, di un centro sociale, di una vita degna che ormai era stata loro sottratta. Durante un’assemblea notturna compare un cartello con la scritta La rivoluzione comincia a Gamonal.
La cosa più significativa è l’aspetto “normale” delle persone intorno.
Comincia a farsi strada l’idea che il Consiglio di Quartiere, ormai non più rappresentativo della popolazione finora passiva, debba essere rieletto e che stavolta, col controllo attivo di tutti, sarebbe stato diverso.
Il 16 gennaio si discute di come organizzare un grande corteo per il giorno successivo, quando il comune avrebbe fatto un’assemblea plenaria straordinaria per discutere di Gamonal. La mattina del 17 il PP rifiuta di chiudere il cantiere e condanna gli atti di violenza dei giorni precedenti.
Almeno 2000 persone restano in presidio davanti al comune.
Nel giro di 7 ore tutto cambia: nel pomeriggio il sindaco annuncia la chiusura del cantiere! La svolta dopo la discussione con il presidente della regione Juan Vicente Herrera e col governo, allarmati dalle manifestazioni di solidarietà con Gamonal previste in 42 città spagnole tra venerdì 17 e sabato 18 gennaio.
Raul Salinero, consigliere di Izquierda Unida, ha poi raccontato che il sindaco in consiglio sembrava “un sacco da boxe, sul punto di cadere da un momento all’altro”. Il 20 gennaio l’assemblea di quartiere decide di fermare l’occupazione del cantiere e spostare l’accampamento (con tendoni, cucina e musica inclusa) 50 metri più in là, per continuare comunque a seguire da vicino i lavori di ripristino della strada. Nell’assemblea molto partecipata della domenica 19 intanto si era tornati a chiedere le dimissioni del sindaco e del vicesindaco, la liberazione senza accuse pendenti dei detenuti e che i 15 milioni che dovevano essere spesi per i lavori fossero invece spesi per i servizi necessari e sotto il controllo dei cittadini. Il lunedì almeno 2000 persone partono in corteo da Gamonal diretti ancora una volta verso il Comune e la Pretura.
L’informativa della polizia.
Il quotidiano nazionale El Paìs ha pubblicato un rapporto della polizia in cui si dice che i fatti di Gamonal “non costituiscono un tentativo rivoluzionario che possa essere allargato ad altre zone del territorio nazionale”. Si conclude dicendo che gli atti violenti sono stati opera fondamentalmente di “membri del collettivo anarchico di Burgos” e che “i rappresentanti delle associazioni di quartiere hanno invece sempre invitato ad evitare ogni violenza”. Nel rapporto si spiega anche come il 15-M (il movimento dei disobbedienti che ha occupato per qualche settimana la Puerta del Sol) abbia cercato di trasformare “una mobilitazione per un problema locale e tecnico” (!!) “in un movimento sociale a livello nazionale contro la classe politica e le banche”.
Non sappiamo se governo e borghesia spagnola credano davvero in questo bilancio consolatorio. Noi invece leggiamo dell’altro in questi fatti: ci leggiamo lo sviluppo di una coscienza di classe e di lotta tra migliaia di persone normali, come quelle di migliaia di quartieri simili in Europa, dalla Grecia alla Germania. Tocchiamo con mano come la mobilitazione decisa delle masse costringe i padroni e i loro lacchè ad indietreggiare. E vediamo come questa vittoria, così come il blocco delle privatizzazioni degli ospedali pubblici a Madrid o lo sciopero selvaggio dei netturbini in tante città spagnole possano cominciare a rompere l’atmosfera di paura e di ricerca di soluzioni individuali in questo 2014, 7°anno della più grande crisi capitalistica della storia.
È molto significativo il ruolo giocato dai partiti tradizionali: i loro rappresentanti hanno criticato sindaco e governo e alcuni loro attivisti hanno giocato un ruolo nelle mobilitazioni, come diversi attivisti dei collettivi radicali o anarchici. Ma non è questa la cosa più importante: la cosa più importante è il comportamento della stragrande maggioranza della gente del quartiere! Certo, non si sono scontrati direttamente con la polizia in 60mila, ma hanno giustificato e appoggiato la “violenza”, gli attacchi alle vetrate delle banche, le barricate contro i poliziotti… nemmeno un’auto o un negozio del quartiere hanno subito danni; i manifestanti sapevano chi colpire.
Votare alle elezioni basta a migliorare le cose?
Se il sentimento dei cittadini di Gamonal e di milioni di altri spagnoli fosse stato diverso il Sindaco e il Governo avrebbero vinto. In questi casi le forze dell’ordine e i giornalisti di regime parlano solo delle azioni eclatanti, dei cassonetti bruciati… sono talmente abituati a ripetere la litania del “rispetto delle istituzioni” che non vedono ciò che è evidente: in Spagna, in Italia, in tutta Europa decine di milioni di persone si stanno ponendo domande decisive. Questa democrazia è davvero democratica? Votare alle elezioni basta a cambiare le cose? E si stanno dando risposte sempre più chiare: no, bisogna impegnarsi in prima persona, bisogna interessarsi e capire le cose della politica, altrimenti le useranno contro di noi. Sono più importanti i profitti delle banche o i diritti delle persone? Sono domande alle quali oggi non si può rispondere solo votando ogni 4 anni.
Altro che piano insurrezionale. Ai governi piace fare la caricatura di chi gli si oppone.
Il pericolo che Gamonal rappresenta per loro non è qualche centinaio di persone disposte a scontrarsi violentemente con la polizia, no! Sono le decine di migliaia, i milioni di persone che si stanno velocemente convincendo che non possiamo più aspettare, che dobbiamo lottare in prima persona per i nostri diritti. Altrimenti si torna alle condizioni del XIX secolo quando i nostri bisnonni hanno cominciato, con la lotta, a trasformare in diritti quelli che prima erano solo favori.
La paura è un sentimento umano che normalmente attanaglia i sottoposti, quelli che non hanno, quelli che dipendono dal datore di lavoro, dallo Stato, dal Comune… sempre da qualcuno. Paura di perdere qualcosa, anche se piccola, e alla fine si perde la dignità.
A Gamonal abbiamo visto una cosa diversa. Come gridavano le donne nel freddo della notte davanti ai poliziotti “Non abbiamo paura!”. La paura sparisce quando non ci si sente soli, quando si sente di essere uniti dalla parte giusta. E abbiamo visto invece la paura degli altri: del governo, del sindaco, dei potenti di Burgos e non solo. Paura del contagio, della partecipazione, della decisione della gente di dire “Adesso basta!”.
Nella società moderna gli Stati sanno di essere perfettamente in grado di tenere sotto controllo la violenza di strada come il terrorismo più efferato, abbiamo decine di esempi al riguardo. Ma impareranno presto di non essere in grado di fermare milioni di persone convinte dei propri diritti, nella fiera difesa della propria dignità che le porterà fino in fondo, per fare sì che i diritti oggi solo formali diventino reali, per fare sì che non sia un manipolo di banchieri e loro lacchè a decidere il futuro dell’umanità. Gamonal ci parla di questo.
La Ong Oxfam ha pubblicato giorni fa un rapporto intitolato “Governare per le elite”, in cui si spiega come ormai la maggior parte della popolazione sia convinta che le leggi siano fatte solo a vantaggio dei ricchi. Un’inchiesta realizzata in sei Paesi (Spagna, Brasile, India, Sud Africa, Regno Unito e EE.UU) lo dimostra chiaramente: in Spagna 8 persone su 10 sono di questo avviso.
Un’altra inchiesta europea mostra come stia aumentando tra i cittadini l’interesse per la politica parallelamente alla critica agli attuali partiti. Un 25,8% degli spagnoli dichiara di avere partecipato a manifestazioni politiche o sindacali nel 2013, 7 punti percentuali in più rispetto al 2011.
Nel resto d’Europa la situazione non è molto diversa. I partiti di destra vengono criticati, quelli tradizionali della sinistra in linea di massima ignorati per la loro manifesta incapacità di cambiare le cose. Si pongono le basi per dei grandi cambiamenti nel comportamento di enormi masse di persone, che trasformeranno partiti e sindacati rinnovandoli dalle fondamenta o sostituendoli completamente. E non lo faranno con metodi antidemocratici, ma lo faranno trasformando radicalmente questa democrazia vuota e formale con i metodi della vera democrazia che Gamonal ci ha insegnato in queste settimane.