Pubblichiamo l’intervento del compagno Alberto Arregui tenuto durante l’ultimo congresso nazionale di Izquierda unida. Arregui, oltre ad essere un membro del consiglio politico federale di Iu, è uno storico dirigente di Nuevo Claridad, una rivista che difende le idee marxiste in Spagna. In questo congresso i compagni spagnoli di Lucha de Clases hanno sostenuto (emendandolo) il documento Arregui dando un contributo alla lotta per l’egemonia nella sinistra e nel movimento operaio spagnolo.
Ringraziando dell’impegno volto a raccogliere i contributi alla discussione della X Assemblea federale di Iu, intendiamo sottolineare i punti salienti del nostro disaccordo con il documento di maggioranza: da una parte la difesa di un “nuovo modello di produzione alternativo” che implica un diverso approccio di gestione ma interno ai ristretti confini del capitalismo, sulla base di una economia mista e di un processo a tappe; d’altra parte la creazione di una falsa speranza nella possibilità di risolvere i problemi della crisi nel quadro capitalistico, rinunciando quindi al socialismo come unica alternativa al disastro capitalista e trasformando un compito pratico e urgente di un governo di sinistra in un obiettivo astratto e a lungo termine. Come diceva Rosa Luxemburg: “Non esistono due differenti lotte, una politica e una economica, della classe operaia: esiste solo un’unica lotta di classe, che tende contemporaneamente a limitare lo sfruttamento capitalistico in seno alla società borghese e a sopprimere sfruttamento capitalistico e società borghese al tempo stesso”.
A tal fine presentiamo un emendamento che riassume questi punti, proponendo di sostituire il termine “nuovo modello di produzione alternativo” ogni volta che compare nel testo, con la “Lotta per i diritti del lavoro, sociali e democratici”. Inoltre Izquierda unida dovrebbe dare una risposta concreta alla domanda che qualunque lavoratore e giovane si pone. Cosa faremo, una volta conquistato il governo, per uscire da questa situazione? La gravità della crisi del sistema è tale che non si può rimanere sulla superficie del problema. Occorre invece un piano d’azione da attuare immediatamente.
Di fronte a 6 mililioni di senza lavoro dobbiamo limitarci a ridurre la disoccupazione o dobbiamo invece lottare per la piena occupazione? Possiamo garantire questa seconda ipotesi se si cambiano i rapporti di proprietà, se si prende il controllo della ricchezza e dei mezzi di produzione. Cioè se si cambia il sistema e non con un patto sociale con le grandi imprese e i loro interessi inconciliabili con i nostri. Pertanto, la difesa dei diritti sociali dovrebbe essere accompagnata da misure di attuazione di controllo sociale e democratico della ricchezza e dei mezzi di produzione. Questo è possibile solo attraverso le nazionalizzazioni. La crisi capitalistica di sovrapproduzione che si è espressa nel settore finanziario, ha mostrato a milioni di persone il vero carattere della classe dominante: un gruppo di parassiti inutili che rubano il frutto degli sforzi dei lavoratori. Forse il concetto di plusvalore è fuori dalla portata delle masse del popolo, ma tutti capiscono che i banchieri sono sanguisughe che vivono del sangue dei lavoratori.
La soluzione dei nostri problemi è incompatibile con l’esistenza di un settore finanziario privato e per questo il settore bancario deve essere pubblico. Lo stesso accade con le grandi aziende: sono gli stessi proprietari, le stesse famiglie. Espropriando queste 200 famiglie che controllano il 50% dell’economia dello stato spagnolo si avrebbero le risorse per pianificare l’economia sulla base delle esigenze sociali. Saremo in grado di garantire il diritto all’alloggio, alle condizioni di lavoro adeguate, alla salute e a un’istruzione pubblica decente. Un governo di sinistra che non si dovesse basare su queste misure sarà condannato a gestire la distribuzione della miseria. Non c’è un “terza via” tra capitalismo e socialismo. Per decenni questa terza via è stata l’agenda dei partiti socialdemocratici come dimostrato dalle esperienze di Schroeder in Germania o Zapatero in Spagna.
La crisi è il risultato del modello di produzione capitalista nel suo insieme, non di un suo particolare modello di sviluppo. Si devono quindi cambiare i rapporti di produzione, o, detto in forma giuridica, i rapporti di proprietà, poiché un’infima minoranza di persone controllando la maggior parte delle risorse, determina la produzione, il consumo e la distribuzione. Di conseguenza l’economia può funzionare in modo molto diverso se cambiamo queste relazioni di proprietà e il corrispondente modo di produzione che dominano la nostra società.
L’esperienza ha dimostrato che la distribuzione dell’acqua e la prestazione dei servizi sanitari può essere migliore se gestita dal pubblico. E lo stesso si può dire se tale gestione la si estende a tutti i principali settori: metallurgia, trasporti, comunicazioni, costruzione, chimica, distribuzione, e così via. Le risorse per garantire a tutte le persone un’esistenza dignitosa ci sono e sono sufficienti. L’ostacolo che impedisce che ciò si realizzi si chiama capitalismo.