dal sito de El Militante (Spagna)
Questi arresti di massa, che come marxisti condanniamo, sono l’anticamera di una nuova ondata di repressione, un consolidamento dell’Eta e un drastico giro di vite sui diritti democratici, cosa che si ripercuoterà su tutti i lavoratori e i giovani, come testimonia la risposta della magistratura alla contestazione della monarchia.
La rottura del “cessate il fuoco permanente” da parte dell’ETA, dopo le elezioni del maggio 2007, ha aiutato il PP ad attaccare il governo del PSOE, per aver avviato i negoziati con l’organizzazione armata basca, mentre esigeva da parte di Zapatero una nuova ondata repressiva, con la messa al bando dell’ ANV (Acción nazionalista vasca), EHAK (Euskal Herrialdeetako Alderdi comunista- partito comunista delle terre basche)e la persecuzione di tutta la sinistra abertzale.
Le posizioni della destra spagnola riguardo la questione basca sono state rafforzate dai tentennamenti del governo del Psoe, che si è dimostrato disposto a cedere alle pressioni del PP.
Si potrebbero fare moltissimi esempi, ma probabilmente il più grave é stato quanto successo quest’estate, con la decisione dei dirigenti del PSOE di consegnare alla UPN-PP (la coalizione della destra in Navarra, n.d.t.) su un piatto d’argento il governo della Navarra.
La segreteria nazionale del Psoe ha preso tale decisione nonostante gli elettori avessero chiaramente manifestato la voglia di un cambiamento di governo, e nonostante tale decisione abbia causato una gravissima crisi all’interno del PSN, la sezione navarra del Psoe e della JSN, la gioventù socialista, i cui dirigenti hanno presentato le dimissioni in blocco.
Allo stesso tempo, tutte queste concessioni al PP, hanno spinto la destra a lanciare una nuova campagna a favore “dell’identità nazionale”. Il PP ha presentato una risoluzione al Congreso (il Parlamento spagnolo, n.d.t.), che è stata respinta, perché i sindaci che non facciano esporre la bandiera spagnola al di fuori degli uffici pubblici vengano sollevati dall’incarico.
A Pamplona, il sindaco Yolanda Barcina ha letteralmente saldato la bandiera rojigualda (spagnola) per impedire che i consiglieri di ANV la nascondessero dietro le tende, e nella “giornatá dell’ispanitá”, il PP ha promosso manifestazioni nazionaliste insieme all’estrema destra franchista, a gruppi nazisti e falangisti.
Qualsiasi concessione che il Psoe faccia agli eredi politici della dittatura franchista, li incoraggia a proseguire sulla strada della diminuzione dei diritti democratici conquistati dalla classe operaia durante la cosiddetta “transizione”.
Le due facce del PNV e la crisi che sta attraversando
La borghesia spagnola non è la sola a voler limitare i diritti democratici. Anche il PNV (Partido Nacionalista Vasco) sta impegnadosi a svolgere lo stesso compito, come ha dimostrato la brutale repressione della manifestazione di San Sebastián, il 9 settembre scorso, quando duecento Ertzainas ( poliziotti baschi, n.d.t) hanno partecipato al maggiore spiegamento di forze mai realizzato contro un’iniziativa singola della sinistra abertzale.
Il partito della borghesia basca, nel corso di tutta la sua storia, si è sempre mosso sul terreno dell’ambiguità, cosa che ovviamente gli crea non pochi problemi in momenti di polarizzazione politica come quelli che stiamo vivendo.
Sentendosi emarginato durante i negoziati tra governo ed Eta, il PNV ha anche registrato una consistente perdita di consensi alle ultime elezioni municipali.
La strategia di avvicinarsi a Madrid e partecipare attivamente alla repressione della sinistra abertzale, insieme a una politica apertamente di destra che ha drasticamente tagliato la spesa sociale, ha quasi portato a una scissione, simile a quella del 1984.
È per questo che i dirigenti del PNV hanno sacrificato Imaz (ex presidente del Pnv) per promuovere la candidatura di Urkullu che, pur rappresentando la stessa corrente, secondo quanto dicono, "parla di meno ".
Non ci sono quindi cambi di strategia nella direzione del PNV, ma variazioni di tattica volti a distruggere, utilizzando ogni metodo, la sinistra abertzale, avversario diretto nella battaglia elettorale: repressione da una parte e vaghe promesse di consultazione e futura sovranità nazionale dall’altra, con lo scopo di conquistare punti di vantaggio in vista dei prossimi appuntamenti elettorali, continuando così ad opprimere la coscienza dei lavoratori baschi.
La proposta lanciata da Ibarretxe di celebrare una prima consultazione elettorale il 25 ottobre 2008 e un’altra dopo le elezioni regionali, è stata fortemente respinta dal governo centrale e dalla destra spagnola, come già successo con il “Plan Ibarretxe”, approvato dalla Camera basca e bocciato al Congresso dei Deputati. Niente di nuovo.
Questi piani non sono che una cortina di fumo in un momento in cui i problemi sociali, la disoccupazione, il diritto alla casa, l’istruzione, la sanità, sono, per la prima volta dopo molti anni, al centro della scena politica e hanno obbligato il governo ad adottare alcune misure a riguardo.
Questo fatto dimostra il profondo malcontento esistente in ampi settori della classe lavoratrice e della gioventú, nei confronti della politica del PSOE, giunto al potere in seguito a enormi mobilitazioni al grido “Zapatero non ci deludere”.
Tale situazione non é che l’anticamera della più che prevedibile ascesa della lotta di classe, provocata dalle turbolenze nel mercato finanziario nel settore immobiliare, il congelamento salariale, l’aumento della disoccupazione e il continuo rialzo dei tassi di interesse, fonte di enorme pressione sui redditi più bassi.
In risposta alle azioni individuali, la lotta di massa dei lavoratori
Invece di frenarle, la repressione non fa che incentivare le azioni armate dell’ETA. Il franchismo ha fallito nel tentativo di distruggere l’ETA, così come la guerra sporca e le illegalizzazioni promosse dal PP, nonostante la propaganda volta ad affermare il contrario.
La debolezza che l’ETA ha dimostrato e sta dimostrando, prima e dopo la rottura della tregua, affonda le sue radici nella crescente divisione che sta avendo luogo al suo interno, a causa del sempre minore appoggio che le azioni armate trovano anche all’interno della sinistra abertzale, i cui militanti non vivono in una campana di vetro. Dall’11 settembre del 2001, è più che evidente il carattere reazionario del terrorismo islamico e l’utilizzo che di questo si fa per limitare i diritti democratici in Europa, Negliati Uniti, etc.
Al contrario, la lotta di massa, condotta con i metodi tradizionali della classe operaia e un programma socialista, sta creando le condizioni per la sconfitta del capitalismo in paesi come il Venezuela e in tutto il continente latinoamericano. Questo è lo specchio in cui noi rivoluzionari dobbiamo guardarci.
La repressione, invece di dividere l’Eta e la sinistra abertzale, provoca esattamente il contrario, ovvero unisce tutte le organizzazioni che ne sono vittima. Rafforza il settore piú radicale. asti pensare che, proprio in questo momento, i giudici stanno infliggendo la stessa pena per l’esercizio del diritto di riunione o per essere membri di un’organizzazione politica, e per appartenere a un’organizzazione armata. Nella pratica questo si traduce nella ricetta perfetta per far sì che i giovani non si fermino troppo a riflettere su cosa sia meglio fare.
Questa politica difesa a spada tratta dal PP non ha come fine quello di cancellare l’Eta, ma al contrario che l’Eta non venga cancellata, perché grazie alla sua stessa esistenza, un settore dell’apparato statale ottiee enormi privilegi e ha mano libera per continuare con i suoi piani di repressione.
Qual è la soluzione?
La rottura del “cessate il fuoco permanente” da parte dell’Eta, proprio all’indomani delle elezioni municipali in cui ANV si è presentata come alternativa a sostengo del “processo di pace”, ottenendo ottimi risultati, è stato un terribile errore, che ha preso alla sprovvista la stessa sinistra abertzale.
Il disorientamento e lo sconforto sono stati profondi, perchè, la base, inizialmente molto scettica riguardo al processo di pace, come ha dimostrato l’iniziativa pubblica a Anoeta, per mesi è stata bombardata dai suoi dirigenti con frasi trionfalistiche che alludevano all’eccezionale momento storico che tale processo rappresentava, al cambiamento nella direzione del PNV, etc.
Neanche moderare le rivendicazioni all’indomani dell’attentato al terminal 4 dell’aeroporto di Barajas, nel quale sono morti 2 giovani ecuadoriani, limitandosi all’autonomia delle 4 province e al diritto di scelta dei cittadini baschi, ha portato a risultati concreti. Ma i negoziati dovevano continuare.
Il fatto che i prigionieri stessero scendendo in strada per fare attività politica e che il testimone della liberazione nazionale e sociale dell’ Euskal Herría fosse passato in mano dei lavoratori, piuttosto che di commandi armati clandestini, rappresentava un enorme passo avanti.
In fondo, come noi marxisti dicevamo all’inizio dei negoziati, e come l’ETA ha riconosciuto alla fine, l’unica cosa che si stava discutendo e si continuerà a discutere in futuro, come abbiamo già visto in altri conflitti simili, è uno scambio “prigionieri in cambio di armi”, esattamente come successo in Irlanda.
Tutte le altre teoriche concessioni, come già successo con il Sinn Fein, non sono che manovre per trascinare queste organizzazioni sul terreno politico istituzionale. L’ETA, con i suoi metodi, non riuscirà mai a strappare allo Stato le rivendicazioni per le quali lotta, così come lo Stato non potrà mai farla finita con l’ETA attraverso la repressione. Nonostante l’ondata repressiva dello stato aiuti l’ETA a rafforzarsi, a lungo termine le prospettive per questa organizzazione non cambieranno.
Nell’attuale fase di crisi strutturale del capitalismo, il terrorismo individuale, come è palese nel caso degli attentati terroristici di matrice islamica, da’ alla borghesia la scusa per rafforzare l’apparato coercitivo dello stato e per limitare i diritti democratici. Vittime di tali misure sono innanzitutto i lavoratori e le organizzazioni di sinistra. Al contrario abbiamo l’esempio dell’America Latina, dove assistiamo a un’ondata rivoluzionaria in Venezuela, Ecuador, Bolivia, etc
Questa è l’unica reale alternativa: avanzare nel cammino della lotta di massa dei lavoratori per la costruzione dell’autentico socialismo, l’unico sistema in grado di dare una risposta alla questione nazionale, così come a tutti i problemi che viviamo ogni giorno noi lavoratori, giovani e popoli oppressi di tutto il mondo.
9 ottobre 2007
Leggi anche: