La protesta contro la legge sull’aborto in Spagna non esita a fermarsi. Sabato 8 febbraio migliaia di donne, ma anche di giovani e lavoratori, si sono radunati a Madrid, così come in altre città, per opporsi alla possibilità che questo diritto sia di fatto eliminato.
La marea soprannominata “viola” per il colore che la caratterizza, aveva inondato le strade già una settimana prima. D’altra parte a Madrid l’8 febbraio non si lottava esclusivamente contro la legge sull’aborto. Quel giorno ci si opponeva anche alla repressione sancita dalla legge bavaglio del governo Rajoy, che prevede pene molto gravi per chi convoca manifestazioni non autorizzate o cerca di impedire gli sfratti.
La classe lavoratrice spagnola non è rimasta inerme davanti a questo ultimo grave attacco, né aveva esitato a far sentire la sua voce anche nei mesi passati.
Dall’autunno 2013 ci sono state infatti una serie di mobilitazioni atte a testimoniare questo cambio di rotta nella coscienza: l’eroico sciopero ad oltranza nella fabbrica Panrico di Santa Perpètua de Mogoda (Barcellona), che continua anche ora; la straordinaria lotta degli spazzini di Madrid, che ha sconfitto i piani di riduzione dei salari e del personale; l’importante vittoria ottenuta dai lavoratori delle strutture di Radio televisión valenciana, dopo un mese di controllo operaio.
Comune a tutte queste lotte da una parte l’utilizzo dello sciopero ad oltranza, e dall’altra il silenzio dei vertici sindacali dell’Ugt e delle CcOo. Una mancanza pesante di direzione che non è riuscita a fermare la determinazione dei lavoratori in questi mesi.
Quello che stiamo vedendo in Spagna è una ripresa delle mobilitazioni che si esprime per motivi apparentemente diversi ma tutti legati alle condizioni drammatiche di un paese dove nel 2013 il Pil è sceso dell’1,2%, mentre nel 2014 crescerà meno dell’1%.
Nelle manifestazioni contro la legge sull’aborto dell’1 e dell’8 febbraio, abbiamo visto il segno tangibile di un’imponente ripresa delle mobilitazioni e una richiesta impellente di come proseguire la lotta. Se il movimento degli Indignados e i due scioperi generali del 2011-2012 costituivano una tappa necessaria nel cammino della coscienza rivoluzionaria, d’altra parte mostravano tutti i limiti dell’idea che sarebbe bastato scendere in piazza per fermare il governo di destra.
Le conseguenze politiche di questa situazione sono che il Pp di Rajoy sta perdendo voti e per la prima volta è stato superato nei sondaggi dal Psoe, pur nel declino di consensi per ambedue i partiti. Ma ancora più interessante è ciò che accade a sinistra del Psoe dove Izquierda unida quadruplica i propri consensi e in vista delle elezioni europee è stata lanciata Podemos. Questa nuova lista si oppone alle politiche di austerità e si candida a rappresentare la radicalizzazione di migliaia di giovani, donne e lavoratori che vogliono cambiare la propria condizione. Tuttavia, due liste che si basano sulla stessa base sociale e che propongono programmi simili per rispondere alla crisi è negativa, perché divide un fronte che invece dovrebbe marciare unito contro le illusioni riformiste del Psoe e contro le politiche reazionarie del Pp. Una direzione realmente alternativa e rivoluzionaria è ciò che serve al movimento in Spagna. Siamo sicuri che le avanguardie del movimento operaio spagnolo sapranno costruirla nelle lotte.