Come combattere il proibizionismo ipocrita delle destre
La discussione sul consumo delle droghe leggere è tornata alla ribalta dopo la recente presentazione del testo di legge Fini che inasprisce le attuali norme che limitano il consumo e la circolazione di sostanze stupefacenti. Secondo questa nuova proposta legislativa viene creato uno speciale “Dipartimento nazionale per le politiche antidroga” che centralizza tutte le competenze che in precedenza erano gestite in accordo con il Dipartimento per le politiche sociali e previdenziali del Ministero del lavoro e delle politiche sociali: in sostanza la prevenzione e i trattamenti di recupero delle tossicodipendenze vengono considerati non inquadrabili in problematiche sociali generali ma richiederebbero un intervento speciale.
In realtà tale provvedimento è funzionale all’ingresso facilitato di strutture private nel settore. Il meccanismo è semplice: si scorporano i servizi sociali sulle tossicodipendenze rispetto all’ambito sociale più generale per intervenire dapprima in particolare su questo tema riservandosi poi il tempo di usare le forbici anche sugli altri terreni. Tale campo, inoltre, si presta particolarmente a giochi di questo stampo in quanto, grazie alla consueta campagna criminalizzante dei consumatori di sostanze stupefacenti, più che abusata dal centro-destra, si possono dipingere i tossicodipendenti come dei delinquenti per i quali a poco servono politiche di recupero e di reinserimento sociale quanto piuttosto provvedimenti penali e centri di detenzione. I fortunati che avranno famiglie sufficientemente ricche e disponibili troveranno aiuto in quei centri privati che già negli ultimi anni hanno imparato quali profitti si possono ricavare da questo lucroso giro d’affari.
I punti fondamentali su cui si basa la legge Fini sono infatti i seguenti:
• un inasprimento dei provvedimenti penali;
• una limitazione del servizio pubblico dal punto di vista delle terapie adottate e della disponibilità sul territorio;
• una maggiore apertura verso strutture private di recupero delle tossicodipendenze.
Il primo punto emerge chiaramente dalle nuove sanzioni previste per chi detiene sostanze stupefacenti. Innanzitutto la cannabis indica viene considerata alla stregua delle droghe pesanti in quanto viene classificata nella stessa tabella nonostante le evidenti differenze in merito agli effetti psichici e fisici rispetto a sostanze come le anfetamine o la cocaina, e come tale viene trattato il suo possesso. Il vecchio testo prevedeva sanzioni quali la reclusione da 8 a 20 anni o una multa da 50 a 500 milioni di lire, salvo i casi in cui fosse accertato un consumo individuale (in base alla quantificazione di una non meglio precisata dose media giornaliera), condizione che comportava sanzioni amministrative (sospensione della patente di guida, del passaporto, del permesso di soggiorno turistico, etc) per un periodo da 2 a 4 mesi per le “droghe pesanti” e da 1 a 3 mesi per quelle “leggere”. Se le condizioni e la predisposizione del soggetto facevano presupporre una assente recidiva, la pena consisteva nel mero avvertimento del prefetto riguardo alle conseguenze dell’abuso delle sostanze suddette. Un ulteriore articolo inoltre prevedeva, per fatti di lieve entità in merito a mezzi, modalità, circostanze, qualità e quantità delle sostanze stupefacenti utilizzate, pene pari alla reclusione da 1 a 6 anni o multe da 5 a 40 milioni di lire per i consumatori di droghe pesanti e reclusione da 6 mesi a 4 anni o multe da 2 a 20 milioni per quelli di droghe leggere.
Il nuovo testo esclude la possibilità del mero avvertimento del prefetto e prevede: per chi detiene sostanze in quantità superiori alle tabelle, la reclusione da 6 a 30 anni o multe da 26 a 260 mila euro; entro i quantitativi previsti dalle tabelle, pene amministrative per la durata da 1 mese a 1 anno; per fatti di lieve entità, la reclusione da 1 a 6 anni (eventualmente mutuabile in lavoro di pubblica utilità, gratis, della stessa durata della detenzione) o multe da 3 a 26 mila euro.
È evidente come la destra scelga la strada dell’inasprimento delle pene per limitare la diffusione delle sostanze stupefacenti. In tal modo però non si mira a colpire il fenomeno della tossicodipendenza ma il singolo tossicodipendente considerando del tutto ininfluenti le condizioni sociali che determinano la diffusione dell’utilizzo di sostanze psicotrope. L’individuo non è mai da solo di fronte alla scelta riguardo all’utilizzo di stupefacenti: l’organizzazione della società con i suoi ritmi serrati, luoghi di socialità ristretti, ridotti mezzi di emancipazione culturale esercita notevoli pressioni a favore del ricorso a tali sostanze. Per questo sono del tutto inadeguati tanto l’approccio punitivo della destra quanto quello dei Radicali e di certa parte della sinistra che sostiene la tutela della scelta libera del singolo individuo. È utile a tale proposito riprendere le parole di Trotskij in merito al ruolo dell’individuo nella società: “Nello studio delle manifestazioni della vita ci appare chiaramente la misura in cui l’uomo in quanto individuo è il prodotto e non il creatore dell’ambiente. La vita quotidiana -cioè condizioni e abitudini- ‘evolve alle spalle dell’uomo’, come diceva Marx, in misura maggiore di quanto accade nella vita economica. Alla creatività cosciente nel campo degli usi e costumi non è riservato che un posto trascurabile nella storia dell’uomo”. L’uomo è frutto dei suoi tempi: le sue scelte, soprattutto nel campo socio-culturale, derivano in gran parte dalle proprie condizioni di vita. Anche attualmente gli strati sociali più interessati dall’abuso di sostanze stupefacenti sono quelli caratterizzati da condizioni di vita più precarie e meno redditizie.
Molti giovani operai, per evadere dal duro ambiente che riscontrano in fabbrica e da un lavoro monotono per nulla soddisfacente, ricorrono sempre più frequentemente e con periodicità più serrata al consumo di importanti quantità di alcool o di cannabis e suoi derivati.
L’uso abituale di tali sostanze comporta una riduzione delle proprie capacità di concentrazione e attenzione, induce un isolamento dagli ambienti sociali: più che euforia spesso il “fumo” determina ottundimento e ridotta predisposizione a intrattenere rapporti sociali, riduce le capacità critiche e di giudizio nell’immediato e cronicamente se l’uso è quotidiano. In sostanza è un modo per evadere dalla realtà che diviene pericoloso nella misura in cui diventa cronico, in cui diviene la soluzione per risolvere tutte le problematiche insorte sul posto di lavoro o di studio: in tal modo l’energia derivante dall’intolleranza per le condizioni sociali viene addormentata da questi “rilassanti” artificiali e non si esercita in una serrata lotta per risolvere le contraddizioni sociali a monte.
La tossicodipendenza ed il consumo abituale delle “droghe leggere” devono essere interpretati come un segno di sofferenza della società: ne vanno ricercate le cause al fine di porre termine a tali processi. Di certo non vanno colpiti i singoli tossicodipendenti e non va incentivato il ricorso alla cannabis e ai tetraidrocannabinoli (suoi derivati).
Queste due ultime posizioni sono le due facce della stessa medaglia in quanto non prendono per nulla in considerazione la crisi sociale che ha comportato la diffusione endemica del consumo di stupefacenti.
La diffusione delle anfetamine e dei tranquillanti, assieme alle sostanze stupefacenti vere e proprie, si è intensificata con l’aumento dei ritmi di lavoro, la precarizzazione delle condizioni, l’aumento della disoccupazione, la disgregazione dell’ambiente sociale. Altri fattori oltre al lavoro alienato comportano la diffusione di questo fenomeno: l’esigenza umana di una socialità che oggi viene compressa nelle norme anguste di una convivenza sempre più ingabbiata dai tempi del lavoro.
Un serio tentativo di risoluzione di tale problematica deve necessariamente intervenire nel campo dei tempi e della qualità del lavoro e dello studio, e nel campo degli spazi di socialità (cinema, teatri, discoteche, concerti, centri sportivi ad accesso gratuito o a prezzo agevolato), nella coscienza che una totale risoluzione potrà verificarsi solo con l’abolizione dell’attuale sistema capitalistico, del tutto incapace di garantire una concreta e libera realizzazione dell’individuo. Fino a che sussiste l’attuale sistema economico e sociale oltre che controproducente è proprio inutile proibire il consumo di sostanze stupefacenti con norme penali restrittive. Per questo è necessario battersi per la depenalizzazione del consumo di sostanze stupefacenti, ma non promuoverne una completa liberalizzazione nella misura in cui un atteggiamento di questo genere significherebbe legittimarne l’uso, negare gli effetti nocivi, accettare il loro ruolo sociale di annichilimento dello spirito critico. Dobbiamo bloccare la proposta di legge Fini mantenendo viva la convinzione di Engels che diceva: “I lavoratori sono uomini soltanto fino a che provano ira contro la classe dominante; diventano bestie non appena si adattano pazientemente al loro giogo cercando soltanto di rendersi piacevole la vita sotto il giogo”.