Per un coordinamento delle lotte democratico e combattivo
Nell’ultimo mese abbiamo assistito ad una serie di mobilitazioni che hanno coinvolto l’intero mondo universitario. La settimana che è appena trascorsa ha segnato un salto di qualità nella lotta: infatti il 4 marzo quasi tutte le facoltà italiane hanno dato vita ad un blocco totale della didattica, seguito dall’organizzazione di assemblee che per la prima volta hanno visto la partecipazione, seppur discreta, degli studenti. Nonostante ciò diversi sono ancora i limiti di questa protesta e se vogliamo realmente conseguire una vittoria dobbiamo analizzarli e, se possibile, eliminarli.
Unità studenti-lavoratori
Il primo e forse più importante limite è che la mobilitazione si stia sviluppando ancora a macchia di leopardo e non riesca a coinvolgere la grande maggioranza delle università; il secondo è che non ci sia ancora una struttura che sviluppi una piattaforma realmente rappresentativa della volontà della maggioranza. Coinvolgere nella lotta tutti i settori del mondo universitario non è una condizione facoltativa, ma assolutamente necessaria per arrivare ad una vittoria.
In questo senso sarebbe necessario che tutte le piattaforme dei comitati e coordinamenti dei ricercatori universitari contenessero un chiaro riferimento alle condizioni degli altri lavoratori dell’università e degli studenti. Una piattaforma che voglia unificare realmente il fronte di lotta deve chiedere con forza il ritiro immediato della Riforma Zecchino che in tre anni ha peggiorato sensibilmente le condizioni di vita degli studenti; deve opporsi alla privatizzazione del diritto alla studio e deve dire no ad ogni forma di precariato, rivendicazione quest’ultima, fondamentale per unire la lotta dei ricercatori a quella del personale Ata nelle università che ormai da anni vivono di lavoro precario.
Una struttura che rappresenti ed allarghi la lotta
In quest’ultimo periodo si susseguono, in molte facoltà, una miriade di assemblee e ovunque nascono coordinamenti o comitati che rischiano di assumere un profilo autoreferenziale o di fratumare involontariamente le lotte in mille iniziative convocate da ogni comitato. Abbiamo sicuramente bisogno di una struttura di coordinamento che non si limiti ad autoproclamarsi rappresentativa ma che lo sia veramente: abbiamo bisogno di coordinamenti democraticamente eletti a livello locale e nazionale fatti da ricercatori, studenti e personale Ata. In ogni assemblea di facoltà dovrebbero essere eletti dei delegati, revocabili in ogni momento dalle stesse assemblee, che diano vita ad una piattaforma rivendicativa espressione della volontà delle assemblee.
Questo coordinamento, in un primo momento, dovrebbe avere soprattutto il compito di unificare ed estendere il fronte della lotta a tutte quelle università che fino ad ora non si sono mosse. Ed in secondo luogo dovrebbe avere una funzione di spinta dal basso, affinché la Cgil convochi attivi sindacali in tutte le università non solo in vista dello sciopero del 26 Marzo, ma anche per l’organizzazione di scioperi e blocchi delle didattica sistematici, che siano in grado di fermare le università. Bisogna mettere la direzione della Cgil di fronte alle proprie contraddizioni e chiedere che la lotta vada al di là dello sciopero del 26. Tale sciopero è un passo avanti necessario ma non sufficiente per piegare il Governo.
Il nostro obiettivo è quello di ottenere l’immediato ritiro del Ddl Moratti e per questo il Coordinamento dovrebbe chiedere che a gestire eventuali trattative siano i delegati democraticamente eletti nelle varie università italiane.
Solo una gestione democratica della lotta potrà portarci ad una vittoria evitando che venga lasciata una delega in bianco ai dirigenti della Cgil. Se vogliamo vincere dovremo unirci non solo a quei genitori e a quegli insegnanti che lottano in difesa del tempo pieno, ma anche a quei lavoratori che quotidianamente subiscono sulla propria pelle la distruzione di ogni forma di stato sociale e la precarizzazione dei propri contratti. La sfida davanti a noi è questa: garantire la massima partecipazione al prossimo sciopero generale e trasformare tale data in un volano per far crescere lo stato di agitazione nelle università. Avanti fino alla caduta della Moratti!