MILANO - Lo scorso 12 agosto i giornali riportano un fatto di cronaca riguardante la mensa di via Golgi, fatta oggetto di atti incendiari di natura dolosa, imputabili, stando a quanto riferisce il Corriere della sera che cita gli inquirenti, a dipendenti oppure a persone che avevano partecipato alle agitazioni di gennaio in difesa della suddetta mensa.
Per capire meglio l’intera vicenda bisogna fare qualche passo indietro: nell’estate del 2009 l’amministrazione del Politecnico ha preso la decisione di chiudere la mensa di via Golgi. Si giustificava tale decisione affermando che la mensa sia eccessivamente distante dalle sedi in cui sono presenti le aule degli studenti, i quali non usufruirebbero del servizio data la distanza e l’insufficiente qualità.
La direzione del Politecnico, per rispondere al problema concreto di dove mandare a mangiare i propri studenti, ha pensato bene di chiudere la mensa e di ricorrere a convenzioni con locali e bar e al contempo sfruttare la cucina presente alla casa dello studente. I suddetti locali tuttavia si trovano in luoghi e zone ancora più distanti rispetto a via Golgi e la stessa casa dello studente non è in grado di farsi carico di tutti i ragazzi su essa dirottati.
Evidentemente le motivazioni addotte non erano quelle reali, che non era dato sapere: per mesi il Politecnico ha fornito piani sempre differenti su quale sarebbe stato il riutilizzo dei locali della mensa. Alla fine pare che ci si ricaveranno delle aule e, forse, dei laboratori, in nome della concorrenza con l’adiacente polo scientifico della Statale. Tutto nel nome dell’autonomia universitaria per cui la guerra fra atenei si scarica sulle spalle di studenti e lavoratori, i primi privati di un servizio e caricati di tasse, i secondi lasciati senza lavoro.
In questi mesi i lavoratori della mensa insieme ai gruppi più attivi degli studenti hanno dato vita a scioperi e varie forme di protesta, rivendicando che si salvasse la mensa e che, se i suoi limiti erano oggettivi, di potenziarla per poter migliorare il servizio offerto sia agli universitari (del Politecnico e della Statale) sia a tutte le persone che nel quartiere usufruivano di essa.
In questi mesi abbiamo visto ancora una volta quanto valgono le promesse dell’amministrazione universitaria e delle istituzioni: di promessa in promessa niente è cambiato se non quando abbiamo messo in campo iniziative di lotta.
Grazie ad esse abbiamo prima ottenuto un rinvio di 6 mesi della chiusura, e poi almeno il mantenimento di parte del servizio e la ricollocazione di tutti i lavoratori che non potranno continuare a lavorare lì. Un risultato parziale, chiaramente, ma l’ennesima prova che solo con la lotta possiamo difendere i nostri diritti.
Ora in piena estate, quando l’attenzione è minore, avvengono episodi come quello dell’incendio, volti a impedire la sopravvivenza della mensa e addirittura usati per gettare il sospetto su chi in questi mesi ha lottato perché la mensa non venisse chiusa: in base a quale logica chi vuole salvare la mensa e potenziarla cerca di distruggerla in un incendio?
La responsabilità di quanto avvenuto è da ricercare nell’esternalizzazione dei servizi che l’università pubblica dovrebbe offrire gratuitamente, quando invece viene strangolata anno dopo anno coi tagli e il dirottamento di fondi verso le strutture private, mentre grazie all’autonomia gli atenei sono lasciati in balia di sé stessi e per sopravvivere tagliano corsi e servizi, alzano le tasse, impongono una sempre più feroce selezione di classe. La responsabilità è da ricercare nella guerra tra imprese e tra chi cerca di accaparrarsi più spazio possibile, ricorrendo anche ad ogni metodo, cercando solo il massimo profitto.
È chiaro come la situazione della mensa di via Golgi sia paradigmatica di quanto avviene su scala nazionale, gli attacchi al diritto allo studio, che dovrebbe comprendere anche una mensa gratuita per tutti, non si fermeranno se non faremo sentire la nostra voce.
Ciò che la borghesia tenta di toglierci non sono concessioni: sono diritti conquistati dagli studenti e dai lavoratori di 40 anni fa, uniti nel rivendicare ciò che è nostro; solo la lotta paga.
* Collettivo pantera - Csu Milano