Il 2 giugno scorso, milioni di venezuelani si sono riversati nelle strade e nelle piazze di Caracas per manifestare, per l’ennesima volta, il proprio appoggio al governo del Presidente Chávez che ha deciso di non rinnovare la concessione delle frequenze all’emittente televisiva Rctv.
Nelle ultime settimane, il “caso Rctv” è stato utilizzato dalla borghesia venezuelana, per lanciare una nuova offensiva contro la rivoluzione venezuelana, tanto a livello nazionale come a livello internazionale.
E così, mentre all’estero si denunciava “l’attacco alla libertà d’espressione” in atto in Venezuela, l’opposizione lanciava una grande campagna di destabilizzazione nel paese.
Qui di seguito, riportiamo l’analisi che i compagni venezuelani della Cmr, hanno fatto della situazione e il piano di lotta da loro proposto.
Per loro, come per noi, la mobilitazione per sconfiggere questa nuova offensiva della controrivoluzione non deve essere che l’inizio dello scontro decisivo con classe dominante e un passo decisivo nella costruzione del socialismo in Venezuela.
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Dal sito della Corriente marxista revolucionaria (Venezuela)
La decisione del governo Chávez di non rinnovare la concessione delle frequenze all’emittente privata Rctv é il nuovo pretesto che la borghesia venezuelana e l’imperialismo stanno utilizzando per lanciare la campagna golpista contro il processo rivoluzionario che non sono riusciti a mettere in atto dopo le elezioni del 3 dicembre scorso.
La decisione di rinnovare o meno la licenza d’uso dello spettro radioelettrico pubblico a emittenti private é spetta in tutti i paesi del mondo ai governi. Tuttavia i capitalisti a livello internazionale non hanno esitato a lanciare una campagna feroce tesa a presentare
il mancato rinnovo della concessione a Rctv come un attacco alla libertà d’espressione .
L’obbiettivo di questa campagna é uno solo: tentare di isolare e screditare la rivoluzione venezuelana e generare le condizioni per una nuova offensiva controrivoluzionaria contro il processo bolivariano su scala nazionale e internazionale.
Un nuovo piano controrivoluzionario in marcia
Il vero obbiettivo della borghesia e dell’imperialismo, i veri responsabili di questa nuova offensiva mascherata da “lotta studentesca per la libertà d’espressione”, è creare una situazione di violenza, confusione e caos.
Stanno cercando il morto, e nel caso fosse uno studente sarebbe ancora meglio, per poterlo presentare all’opinione pubblica nazionale e internazionale.
Tale manovra permetterebbe loro di generare un clima internazionale favorevole ad un nuovo attacco frontale, mobilitare la loro base sociale ed avere un pretesto per tentare il golpe, l’assassinio del presidente o appoggiare un’invasione imperialista. Potrebbero anche tentare di muoversi su tre fronti contemporaneamente.
I capitalisti venezuelani e di altri paesi sono sempre piú preoccupati dai progressi compiuti dalla rivoluzione venezuelana e dalla influenza crescente che esercita a livello internazionale.
Le nazionalizzazioni della compagnia telefonica Cantv e dell’azienda elettrica Electricidad de Caracas, le proposte di sviluppo di imprese socialiste, la creazione del Psuv, al di là delle contraddizioni esistenti, dimostrano inequivocabilmente che Chávez e il popolo venezuelano vogliono procedere verso la costruzione del socialismo. Così come sono l’esempio più evidente della pressione che le masse stanno facendo per una nuova sterzata a sinistra.
La decisione di non rinnovare la licenza a Rctv e la creazione di una nuova televisione pubblica nazionale rappresentano per le masse un nuovo banco di prova e confermano ancora una volta la loro volontà di andare fino in fondo.
La controrivoluzione continua a combinare tutte le tattiche di lotta a loro disposizione: sabotaggio economico, campagna mediatica nazionale e internazionale, destabilizzazione.
Ma con le mobilitazioni d’appoggio a Rctv, iniziate domenica scorsa, hanno deciso di “mettere il dito nell’acqua per controllarne la temperatura”, tanto della loro base sociale come della rivoluzione, e così valutare l’esistenza o meno delle condizioni per alzare eventualmente il tiro.
Dal loro punto di vista, nel peggiore dei casi, tali mobilitazioni costituiranno l’inizio di una campagna di destabilizzazione nazionale e internazionale. ma se come rivoluzionari non saremo in grado di rispondere in massa e in maniera rapida, decisa e organizzata potremmo fornire loro un’opportunità molto più grande.
I piccoli e isolati scoppi di violenza, ottenuti grazie alla manipolazione di settori di studenti fondamentalmente della classe media e alta, provenienti dalle università private o delle pubbliche d’elite come la UCV, potrebbero convertirsi nella base di un’offensiva molto piú ambiziosa. Le bande controrivoluzionarie che in questi giorni stanno organizzando azioni violente in alcune zone di Caracas e in altre città, sono com’è noto al soldo delle agenzie dell’imperialismo statunitense, prima fra tutte la Cia.
Il loro modus operandi é sempre uguale: blocchi stradali e scontri nella notte, attacchi a enti pubblici, distruzioni, saccheggi e barricate incendiarie che mettono anche in pericolo coloro che abitano nella zona della cosiddetta “guarimba”, cioè delle azioni di destabilizzazione.
Di giorno invece, convocano le cosiddette “manifestazioni pacifiche”, per tentare di allargare la loro base sociale. Lo scopo é utilizzare i settori studenteschi della classe media e alta, meno bruciati dei loro genitori dalle sconfitte politiche degli ultimi anni e possono essere più combattivi ed anche facili da sfruttare nel contesto di una campagna mediatica internazionale.
Durante queste proteste “pacifiche” é facile vedere attivisti di bande controrivoluzionarie armate che, nascosti fra i manifestanti, attaccano con pietre, bottiglie ed anche armi da fuoco enti pubblici o anche la stessa polizia, per creare il caos e far partire scontri armati e morti che servano da pretesto per intensificare e prolungare le azioni di destabilizzazione.
È necessario un piano per sconfiggere la controrivoluzione
Quanto sta avvenendo oggi in Venezuela conferma quello che come marxisti abbiamo ripetuto piú di una volta, in risposta alla tesi riformista secondo cui mettere in discussione la proprietà dei mezzi di produzione (la banca, i monopoli, i latifondi, etc) darebbe un pretesto all’imperialismo per attaccare.
I capitalisti e gli imperialisti non hanno bisogno di scuse. Se non ce le hanno, le inventano.
Come abbiamo giá detto, la misura adottata dal governo venezuelano in relazione al caso Rctv, è perfettamente legale. Le licenze delle altre televisioni private, anch’esse implicate nel golpe del 2002, come Globovisión, non sono state toccate e a Venevisión è stata addirittura rinnovata la concessione.
Nonostante ciò, l’oligarchia e l’imperialismo hanno organizzato la loro cinica campagna “in difesa della libertà d’espressione”.
Trincerata in difesa fin dalle sconfitte del golpe 2002 e della serrata padronale del dicembre 2002-gennaio 2003, ed ancor di piú dopo la sconfitta al referendum revocatorio del 2004 e delle elezioni dello scorso dicembre, la borghesia vuole riprendere l’iniziativa e generare uno scenario che le permetta di passare all’attacco della rivoluzione.
Ma bisogna mettere in chiaro una cosa. Il rapporto di forze continua ad essere estremamente favorevole alla rivoluzione. Le elezioni del 3 dicembre 2006, che hanno visto Chávez trionfare con il 63% delle preferenze, percentuale di appoggio superiore a quella di qualsiasi presidente nella storia del Venezuela, dimostra che le masse sono disposte ad avanzare verso il socialismo e abbattere il sistema capitalista.
I cortei, le inchieste o i 4 milioni e mezzo di iscritti al Psuv, il partito socialista unitario del Venezuela lanciato da Chávez nel gennaio 2007 ma la cui costruzione è cominciata da meno di un mese, confermano che l’appoggio alla rivoluzione si mantiene saldo.
Tutte queste forze organizzate e mobilitate sono più che sufficienti per sconfiggere la nuova offensiva controrivoluzionaria, ma ad una condizione: bisogna agire rapidamente e con decisione.
Il ministro del potere popolare per l’Istruzione superiore ha invitato le masse a rimanere in allerta e vigili, “ginocchio a terra” come si dice in Venezuela, di fronte a qualsiasi tentativo di chiudere gli edifici scolastici ed ha affermato che il Ministero farà di tutto per impedirne il blocco.
Anche il presidente Chávez ha chiesto ai venezuelani di mobilitarsi ed ha lanciato la convocazione per una grande mobilitazione prevista per sabato 2 e che dovrebbe portare in piazza 2 milioni di persone. “Se programmano un altro 11” ha detto il Presidente facendo riferimento al golpe del 2002, “avranno un altro 13”, ovvero quando la mobilitazione delle masse dissolse il golpe in poche ore.
Chávez ha anche promesso che, se necessario, sarà lui stesso a mettersi alla testa di questo nuovo 13. Questa è una decisione corretta, ma è necessario un piano d’azione preciso che permetta di accumulare e coordinare le forze del movimento rivoluzionario e le metta in marcia immediatamente.
Già nei prossimi giorni, mentre prepariamo la manifestazione di sabato e lavoriamo perchè sia la più grande che il Venezuela abbia mai conosciuto, abbiamo il dovere di continuare la mobilitazione nei quartieri, sul posto di lavoro, nei luoghi di studio e nelle strade.
Come Cmr lo abbiamo detto piú volte, non basta essere di più, avere piú forza ed avere ragione. È necessario organizzarsi e non lasciare l’iniziativa nelle mani del nemico. Non possiamo aspettare che l’attuale manovra controrivoluzionaria si sgonfi.
Nella lotta di classe come in guerra, ogni mossa determina la successiva e perdere l’iniziativa si paga a caro prezzo. Non dobbiamo abbandonare la mobilitazione.
Organizzare l’occupazione preventiva delle fabbriche e dei centri di produzione per impedire una nuova serrata padronale
Alcuni dirigenti della UNT, il principale sindacato venezuelano, e in particolare della corrente della C-Cura, hanno dichiarato che di fronte a qualsiasi tentativo dei padroni di fermare, chiudere o sabotare le imprese, o nel caso in cui dovessero essere utilizzate per destabilizzare il paese, rivolgeranno un appello ai lavoratori per occuparle e riavviare la produzione.
Questo è la strada che bisogna seguire. È necessario tradurre in pratica questo appello il prima possibile.
Le dichiarazioni di José Luís Betancourt, presidente di FEDERCAMERAS (la Confindustria venezuelana), in chiaro appoggio alle azioni di destabilizzazione, cosí come quelle della Conferenza Episcopale, confermano che è la borghesia ad orchestrare le manifestazioni di appoggio a Rctv.
Secondo quanto riportato da diverse fonti, l’organizzazione padronale CONSECOMERCIO starebbe preparando un’altra serrata padronale. Di fatto, martedí 29 alcuni negozi, uffici e fabbriche, alcune delle quali fanno parte del gruppo monopolistico Polar, hanno chiuso in appoggio alla “guarimba”. A questo, vanno aggiunte le azioni di sabotaggio economico e alimentare, che negli ultimi mesi hanno fatto scomparire molti generi alimentari di base da mercati e negozi.
Questa é l’ulteriore dimostrazione del fatto che non possiamo lasciare a loro l’iniziativa, non possiamo permettere una nuova serrata padronale. La migliore difesa é l’attacco.
Dobbiamo organizzare immediatamente assemblee in tutti quartieri, centri di studio e luoghi di lavoro per discutere della situazione, é necessario rendere pubblico il nostro appoggio deciso alla decisione del governo rispetto a RCTV e organizzare mobilitazioni per combattere le azioni delle bande controrivoluzionarie che cercano di seminare il terrore e bloccare strade, l’accesso ai luoghi di studio e di lavoro, etc.
Queste assemblee devono coordinarsi a livello locale, regionale e nazionale e collaborare con il governo nazionale in difesa della rivoluzione, al fine di organizzare la manifestazione di sabato e tutte le altre azioni e mobilitazioni necessarie. Ma allo stesso tempo è necessario che queste assemblee presentino un piano d’azione che serva per difendere la rivoluzione da questa nuova offensiva golpista nella migliore maniera possibile: accelerando la costruzione del socialismo in Venezuela.
Da parte della Cmr stiamo proponendo questo piano d’azione: la Unt, insieme al Frente Nacional Campesino “Ezequiel Zamora” (FNCEZ), el Frente Revolucionario de Trabajadores de Empresas en cogestión y Ocupadas (FRETECO) e altre organizzazioni rivoluzionarie deve mettersi alla testa della lotta contro la nuova offensiva golpista.
È necessario che queste organizzazioni convochino immediatamente assemblee in tutte le fabbriche al fine di approvare risoluzioni di appoggio alla decisione del governo riguardo a Rctv, cosí come è necessario organizzare azioni d’appoggio a questa misura.
La prima e più importante di queste azioni deve essere l’occupazione di tutte le imprese in cui questo sia possibile, per prevenire una nuova serrata o azioni di sabotaggio economico.
Questo piano di occupazioni preventive di fabbriche deve iniziare dal settore agroindustriale dove, come ha denunciato in piú occasioni il FNCEZ, da tempo è in atto un sabotaggio volto a minare la base d’appoggio della rivoluzione.
Un esempio: secondo quanto denunciano i contadini, l’anno scorso piú di 5mila ettari di canna da zucchero non sono stati lavorati perché le imprese si sono rifiutate di acquistarlo, nonostante esistano problemi di reperibilità di zucchero sul mercato. Quest’anno, gli ettari potrebbero essere ben 15mila.
Consigli di lavoratori in difesa della rivoluzione
Inoltre è necessario che dopo l’occupazione della fabbrica, venga eletto un Consiglio dei lavoratori in difesa della rivoluzione, formato da delegati eleggibili e revocabili in qualsiasi momento. E laddove non sia possibile occupare e mettere l’impresa in funzione, il Consiglio dei lavoratori deve porre la produzione sotto controllo operaio.
Solo cosí potremo contrastare le strategie che i padroni stanno utilizzando per attaccare la rivoluzione: sabotaggio, speculazione e chiusure di fabbriche.
Questi Consigli di lavoratori, collegati ai Consigli Comunali, permetterebbero di sviluppare immediatamente una risposta di massa e organizzata, quartiere per quartiere, settore per settore, e allo stesso tempo coordinata a livello nazionale.
Ma sarebbe anche un embrione del nuovo stato rivoluzionario di cui abbiamo bisogno per poter iniziare la costruzione del socialismo. Uno stato che sostituisca l’attuale sistema che, come ha piú volte detto lo stesso presidente Chávez, continua ad essere uno stato borghese.
La risposta alla controrivoluzione e ai settori golpisti deve trasformarsi in un colpo decisivo contro il sistema capitalista in Venezuela e che sia diretto alla nazionalizzazione delle leve di base dell’economia (la banca, la terra, la grande industria), così come dei grandi media privati. Ma è importante che dopo la nazionalizzazione siano i lavoratori e i settori oppressi della società a gestirli, organizzando così uno stato rivoluzionario sano, una democrazia di lavoratori.
Dobbiamo anche essere in grado di organizzare assemblee degli iscritti al Psuv in tutti i quartieri e nei posti di lavoro allo scopo di formare Battaglioni Socialisti, il cui compito immediato sia portare a termine questo piano di lotta in difesa della rivoluzione, insieme alle organizzazioni popolari, all’interno dei sindacati e fra gli studenti.
Questo sarebbe il modo migliore per costruire e rafforzare il nuovo partito attraverso l’esperienza pratica e farebbe crescere veri e propri leader e quadri socialisti.
Un altro aspetto fondamentale del piano d’azione è chiedere al governo bolivariano l’arresto e l’espulsione immediata dal paese degli agenti della Cia e dei paramilitari che stanno partecipando alle azioni di destabilizzazione.
Molti di questi mercenari hanno nome e cognome, sono stati denunciati sulla base di prove precise e concrete sulle televisioni nazionali e sono stati visti nelle manifestazioni dell’opposizione. Non é possibile che continuino a camminare impunemente per strada, cospirando contro il popolo, senza che il governo faccia nulla per evitarlo. Devono essere espulsi e il loro operato deve essere denunciato a livello internazionale.
Questo aiuterebbe enormemente a chiarire ai giovani e ai lavoratori di tutto il mondo cosa stia succedendo veramente in Venezuela e sconfiggere la campagna mediatica in atto contro il supposto “attacco alla libertà d’espressione”.
Non si puó fare una rivoluzione a metá. Il governo deve espropriare la banca, la terra, la grande industria e i grandi mezzi di comunicazione privati e metterli sotto il controllo dei lavoratori e delle comunitá.
Come diceva Lev Trotsky in “Storia della rivoluzione russa”: “la maggioranza non si conta, si conquista”. E si conquista con l’azione, con la mobilitazione quotidiana nelle strade, nei quartieri, nelle fabbriche e nei centri di studio.
Ma soprattutto si conquista con l’avanzata rapida, inarrestabile e decisiva della rivoluzione, attraverso la messa in pratica di misure che migliorino una volta per tutte le condizioni di vita delle masse che appoggiano la rivoluzione (mancanza di alloggi, lavoro precario, rialzo dei prezzi, etc)
Non è possibile fare una rivoluzione a metà. Ogni tentativo di farlo, si è trasformato in una tragedia per il popolo. Come diceva il dirigente della Rivoluzione francese Saint-Just “coloro che vogliono fare una rivoluzione a metá, non stanno facendo altro che scavare la propria tomba”.
In realtá, questo nuovo attacco dimostra quanto l’imperialismo e la controrivoluzione borghese siano preoccupati e disperati di fronte alla ferma decisione del popolo venezuelano e dello stesso presidente Chávez di continuare a procedere verso il socialismo.
Ma questa campagna disperata dell’oligarchia anche la palese dimostrazione di un’idea che come CMR sosteniamo da tempo, nonostante le numerose voci contrarie: non si puó fare una rivoluzione a metà, o gradualmente, né sottovalutare il nemico.
Le caratteristiche peculiari della rivoluzione venezuelana, che qualcuno ha definito “rivoluzione a rallentatore”, la debolezza della controrivoluzione, dovuta non solo alle sconfitte degli anni passati, ma anche al fatto che gli ingressi provenienti dal settore petrolifero sono stati utilizzati per limitare gli effetti che il sabotaggio avrebbe potuto avere sulle condizioni di vita delle masse, hanno favorito il radicarsi dell’idea della costruzione del socialismo a piccoli passi.
Soprattutto negli ultimi due anni, si é diffusa l’idea secondo cui il socialismo possa essere costruito attraverso una combinazione di ultimatum, concessioni e attacchi moderati, facendo pressione sui padroni con la minaccia dell’espropriazione o espropriando a buon prezzo alcune imprese senza però l’insieme della classe capitalista, o addirittura creando imprese miste.
Ma questa è un’idea totalmente falsa. Tutte queste pressioni, piuttosto che tranquillizzare i capitalisti, non fanno altro che dare loro la possibilità di sferrare un nuovo attacco.
Non ci sono vie di mezzo. Bisogna strappargli tutto il potere di mano, per prima cosa quello economico.
L’idea che piace tanto a riformisti e burocrati secondo cui tutto é tranquillo e sotto controllo o ancora quella secondo cui l’opposizione non è in grado di fare nulla, é estremamente pericolosa. E una delle cose che la rende ancor più pericolosa é che può mettere radici anche nella coscienza di rivoluzionari onesti che a volte possono arrivare a coltivare l’illusione di una costruzione graduale del socialismo.
Questa idea si esplicita quando si dichiara che bisogna avanzare verso il socialismo ma poco a poco, “iniziamo a democratizzare lo spettro radioelettrico rompendo il controllo dell’oligarchia e non rinnovando la concessione a Rctv, poi vedremo”. Oppure quando si presume che sia sufficiente minacciare di espropriare questa o quella fabbrica, Sidor o la banca, perché i capitalisti chinino la testa e abbandonino il boicottaggio delle politiche del governo.
Il potere economico e mediatico che la borghesia ancora conserva é una minaccia per la rivoluzione
Pensare che la rivoluzione abbia trionfato perché sono state vinte le elezioni del 3 dicembre scorso, perché siamo di più e abbiamo ragione, é un grave errore. E lo è ancor di piú, se pensiamo che la rivoluzione sia irreversibile.
Fino a quando il potere economico continuerà a rimanere nelle mani dei capitalisti, la rivoluzione sarà in pericolo. L’idea secondo cui la Quarta Repubblica “non tornerà” diventerà una realtà solo quando tutte le terre, le banche e l’industria saranno nelle mani del popolo e delle comunità locali.
Fino a quando questo non accadrà, la vittoria della controrivoluzione continuerà ad essere possibile. E in quel caso l’oligarchia farebbe pagare al popolo venezuelano un prezzo molto caro.
La rivoluzione non è una partita a scacchi. Nonostante il presidente Chávez e il popolo venezuelano abbiano messo la borghesia con le spalle al muro, chiarendo che la rivoluzione non è oggetto di trattativa e che l’obbiettivo è cambiare strutturalmente la società, i padroni non hanno nessuna intenzione di rassegnarsi alla sconfitta.
I controrivoluzionari borghesi faranno tutto il possibile per impedire che il Venezuela proceda verso il socialismo. Più ritardiamo a sferrare il colpo di grazia al capitalismo, più tempo daremo ai padroni per riorganizzarsi.
Il primo passo è sventare la nuova offensiva controrivoluzionaria ma possiamo farlo solo se ci basiamo sulla mobilitazione e sull’organizzazione delle masse e in primo luogo della classe operaia. Nell’intera storia dell’umanità, nessuna rivoluzione volta alla trasformazione radicale dei rapporti di produzione, è riuscita a trionfare se non sulla base di una mobilitazione di massa.
Questa mobilitazione deve permetterci di prendere due piccioni con una fava: bloccare questa manovra disperata dell’imperialismo e dei capitalisti e allo stesso tempo spezzare il controllo che la burocrazia riformista mantiene su molte delle istituzioni e degli organismi dello stato.
Questo controllo si sta trasformando ogni giorno di più in un freno alla rivoluzione.
È necessario sostituire lo stato borghese con un vero stato rivoluzionario basato su consigli di lavoratori e contadini, e consigli comunali, eleggibili e revocabili in qualsiasi momento. In caso contrario, questo freno, rappresentato dalla burocrazia riformista, può trasformarsi in un cavallo di Troia che potrebbe anche arrivare a utilizzare la controrivoluzione per cambiare l’attuale correlazione di forze e cercare di sconfiggerci.
Come diceva un dirigente operaio britannico: “Puoi pelare una cipolla strato per strato, ma non uccidere una tigre zampa dopo zampa”. E il capitalismo assomiglia molto di più a una tigre che a una cipolla. La trasformazione rivoluzionaria della società non può essere portata a termine in maniera graduale.
La rivoluzione potrà trionfare solo se riuscirà a strappare alla borghesia il potere che ancora detiene. In primo luogo, e soprattutto, la proprietà private delle principali imprese, delle banche e delle terre del paese, ed è proprio questo che da loro la possibilità di continuare a sabotare la politica economica del governo.
Per altro, la borghesia controlla molte università e utilizza la scusa della loro autonomia per trasformare i centri universitari privati e i pubblici d’elite in feudi privati ai quali solo ha accesso la classe media e la borghesia. Sono feudi della reazione.
Allo stesso modo, continua ad avere in mano i media privati, primo fra tutti Globovisión, divenuta il partito alla testa di questo nuovo tentativo di destabilizzazione, questa nuova “guarimba”.
E non dobbiamo dimenticare che esistono settori della burocrazia dello stato ed anche nel corpo degli ufficiali dell’esercito che, nonostante stiano per adesso mantenendo un atteggiamento di basso profilo, guardano con preoccupazione al progetto socialista avanzato dal presidente Chávez e appoggiato in massa dal popolo venezuelano. Non aspettano altro che una prima opportunità favorevole per frenare la rivoluzione.
L’esercito, le armamento del popolo e la difesa della rivoluzione
Molti credono che nell’esercito la situazione sia sotto controllo e che anche l’alta gerarchia militare stia con il processo. Ma anche quest’idea può essere un pericolo mortale per la rivoluzione. Durante tutte le rivoluzioni abbiamo visto come l’entusiasmo e la determinazione delle masse rivoluzionarie abbiano finito per contagiare la maggior parte dei soldati ed anche i settori più avanzati degli ufficiali.
Ma allo stesso tempo, ci sono altri settori della gerarchia militare, e quasi sempre sono la maggioranza, che sono cresciuti sulla base di una ideologia reazionaria e antisocialista, legati da mille fili- come diceva Lenin “visibili e invisibili”- alla borghesia. E sono questi i settori che temono e rifiutano il movimento rivoluzionario delle masse e le idee del socialismo.
Questi settori rimangono generalmente nascosti quando il movimento rivoluzionario è in ascesa, ma si tolgono la maschera quando la situazione giunge a un punto critico. Pinochet era il Capo di Stato Maggiore di Allende e gli ha giurato lealtà in privato e in pubblico fino alla notte precedente al golpe che organizzo per soffocare nel sangue la rivoluzione cilena.
Negli ultimi anni, le vittorie della rivoluzione e le sconfitte dell’imperialismo in Venezuela, hanno permesso di eliminare diversi elementi controrivoluzionari fra gli ufficiali dell’esercito rivoluzionario. Ma non ci si può illudere che l’epurazione sia stata completa, né possiamo chiudere gli occhi di fronte ai dati di fatto. La borghesia e l’imperialismo hanno meccanismi sufficienti, politici, ideologici, economici, per attirare questi settori dalla propria parte e sviluppare un settore di ufficiali dentro la FAN (forze armate venezuelane) disposta a difendere i suoi interessi di classe.
L’unico modo di garantire la difesa militare della rivoluzione tanto contro i nemici esterni come interni è, da una parte, la democratizzazione dell’esercito. Questo significa permettere a soldati e ufficiali rivoluzionari di organizzarsi politicamente, riunirsi in assemblea, discutere, formarsi, etc.
Questo aiuta i rivoluzionari a riconoscersi ed organizzarsi ma permette anche di riconoscere i controrivoluzionari.
D’altra parte, è necessario avanzare verso l’addestramento militare generale per le masse e il popolo in armi. La crescita della Reserva, la reazione di Guardie Territoriali e provvedimenti simili, sono passi in questo senso ma è urgente creare Battaglioni Operai della Reserva e Guardie Territoriali Operaie nelle fabbriche. La stessa cosa vale per i contadini poveri nei campi.
Secondo noi, la posizione del presidente Chávez e di alcuni dirigenti bolivariani secondo cui l’esercito é leale e fedele al popolo e deve mantenersi al margine della politica, quindi non entrare nel Psuv, é un grave errore.
Se noi rivoluzionari non formiamo politicamente e non organizziamo i settori dell’esercito, lasceremo campo libero alla controrivoluzione per farlo. E infatti giá lo sta facendo.
Ci sono già cellule controrivoluzionarie “dormienti” ed è già in atto una campagna di ideologizzazione e agitazione contro la rivoluzione orientata in maniera specifica all’esercito e agli ufficiali. E ovviamente gli sforzi della Cia vanno soprattutto in questa direzione.
L’esperienza ci ha dimostrato che tutte queste tattiche e meccanismi che la borghesia e l’imperialismo utilizzano per difendere i propri interessi di classe, non sono sufficienti a sconfiggere la rivoluzione ma ad una sola condizione: dobbiamo essere pienamente consapevoli delle armi che hanno ancora a disposizione, dobbiamo agire con audacia e decisione per strappargliele e dotarci di un piano di lotta che ci permetta di mobilitare e organizzare tutte le nostre forze e sconfiggere una volta per tutte il capitalismo in Venezuela.
Perché la rivoluzione venezuelana sia davvero irreversibile, é necessario portare fino in fondo i compiti che sono rimasti in sospeso dall’aprile 2002 o dalla successiva serrata padronale: l’espropriazione dei mezzi di produzione, la sostituzione dell’attuale stato con uno stato rivoluzionario, una democrazia operaia che ci permetta di iniziare la transizione al socialismo.
Se la rivoluzione venezuelana porta a termine questi compiti, il suo esempio inevitabilmente si diffonderà, come una marea inarrestabile, a tutta l’America latina e si convertirebbe in un punto di riferimento per tutti i lavoratori del mondo. Si svilupperebbero cosí le condizioni per la costruzione del socialismo a livello mondiale.
Questo è il compito che noi giovani, lavoratori e rivoluzionari venezuelani, insieme ai nostri fratelli del resto del mondo, abbiamo davanti.
31 maggio 2007
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