La lunga mano di Washington
Malgrado le masse abbiamo respinto per ben due volte i tentativi di colpo di stato, l’opposizione “democratica” venezuelana non rinuncia ai suoi propositi reazionari. Oggi il principale pericolo per la rivoluzione bolivariana viene probabilmente da un possibile intervento straniero che avrebbe come protagonista l’esercito colombiano.
È all’interno di una simile strategia che si deve collocare l’arresto di 102 paramilitari colombiani in una tenuta di proprietà di uno dei dirigenti della Coordinadora democratica (Roberto Alonso, di origine cubana, sul libro paga della Cia) a pochi chilometri della capitale, Caracas, domenica 9 maggio. Questa tenuta era utilizzata come campo di addestramento da parte di questi paramilitari, appartenenti alle Auc (Autodefensas Colombiana), le squadracce di assassini antiguerriglia create e finanziate dalle Forze Armate colombiane e dagli Usa. L’obiettivo era quello di dare l’assalto a un deposito di armi dell’Esercito Venezuelano e poi lanciarsi in una serie di attacchi che avevano tra gli obiettivi anche l’assassinio di Chavez, così da dare l’idea di uno scontro all’interno delle forze armate venezuelane e invocare un intervento della comunità internazionale. Nella tenuta sono state trovate numerose divise dell’esercito venezuelano. Difatti già quattro alti ufficiali delle Forze Armate del Venezuela sono stati arrestati con l’accusa di complicità con la contra colombiana.
Oggi tutti prendono le distanze dagli arrestati, ma un paio di settimane fa Carlos Andres Perez, l’ex presidente oggi in esilio a Miami, aveva parlato della necessità di una soluzione militare e ribadito che in Venezuela “scorrerà del sangue”.
Un ennesimo esempio della totale indisponibilità da parte dell’opposizione di giungere a qualunque tipo di accordo col governo. Traducendolo in termini di classe, dell’inconciliabilità degli interessi della borghesia con il proletariato in Venezuela.
Dato che la base d’appoggio di massa dell’opposizione è sempre più debole e demoralizzata, l’unica salvezza per la classe dominante passa per un intervento militare dall’esterno che rovesci il governo. Bush è un po’ a corto di uomini, impegnati in Iraq, e allora prova a servirsi del suo principale alleato in America Latina, il governo di Uribe in Colombia. Più volte il parlamento colombiano ha minacciato un embargo economico e diplomatico nei confronti di Caracas. L’accusa nei confronti di Chavez è quella di appoggiare la guerriglia delle Farc, nonché di fornire ospitalità ai terroristi di Al Qaeda! Conclusione: Chavez è un terrorista e deve fare la fine di Saddam.
Non sarà tuttavia così facile farla finita con la rivoluzione. Chavez negli ultimi mesi ha radicalizzato i suoi discorsi. Afferma chiaramente come il capitalismo sia fallito in Venezuela. Durante un corteo contro l’intervento imperialista, il 16 maggio, ha proclamato che la presenza di paramilitari colombiani a Caracas fa parte della strategia dell’imperialismo contro la rivoluzione bolivariana. “Oggi inizia la tappa antimperialista della rivoluzione bolivariana. Questo ci obbliga al consolidamento e all’approfondimento delle trasformazioni sociali in Venezuela”. Ha annunciato una campagna
dell’Esercito per scovare altre formazioni
paramilitari all’interno dei confini del paese e poi ha aggiunto: “Non temporeggeremo più, il Chavez del 2002 è ormai archiviato, oggi siamo pronti a respingere qualunque minaccia.” (www.rnv.gov.ve, 17/05/2004).
Il Presidente compie un’autocritica rispetto al periodo immediatamente successivo al golpe dell’11 aprile di due anni fa, dove adottò una politica conciliante con l’opposizione. Quest’ultima rispose a quest’offerta di dialogo organizzando la serrata padronale del dicembre 2002.
Oggi Chavez dice che è arrivato il momento di sradicare definitivamente il latifondo e riformare il potere giudiziario, definendolo “un cancro che dobbiamo estirpare”. Succede spesso che giudici e magistrati locali blocchino la riforma agraria, restituendo le terre ai grandi proprietari terrieri.
Ma la cosa più importante è che Chavez sembra dare ascolto alla rivendicazione dei settori più avanzati del movimento bolivariano, quella di armare il popolo contro l’intervento imperialista. Il presidente nel suo discorso ha rivolto un appello a costruire “l’unione del popolo con le Forze Armate, attraverso l’ampliamento del numero dei riservisti e l’addestramento militare di uomini e donne”. (www.aporrea.org, 17/05/2004)
Queste dichiarazioni di Chavez hanno ben poco di estemporaneo e riflettono la pressione delle masse. Vasti settori del movimento bolivariano sono sempre più impazienti ed esigono la mano dura contro i golpisti e i cospiratori controrivoluzionari. Il discorso di Chavez coincide con l’esperienza fatta dalle masse in Venezuela in questi anni.
Per il futuro della rivoluzione venezuelana non ci sono vie di mezzo: per evitare nuovi tentativi di colpo di stato è necessario sottrarre le leve del potere economico - e militare - alla reazione e porre le principali industrie e istituti bancari sotto il controllo dei lavoratori. Il Venezuela costituisce già un importante punto di riferimento per tutti i lavoratori e gli oppressi del continente, la fine del sistema capitalista farebbe della rivoluzione un esempio formidabile per tutto il mondo. Per questo l’imperialismo vuole schiacciare senza alcuna pietà il governo di Chavez. La vittoria della classe operaia in Venezuela sarebbe un duro colpo per la classe dominante in America e in Europa. L’esito di questa battaglia si giocherà in un futuro quanto mai prossimo.