La rivoluzione in Bolivia non si ferma - Falcemartello

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La rivoluzione in Bolivia non si ferma

Quanto scrivevamo solo due giorni fa è stato superato ieri, 31 maggio, da una giornata di mobilitazioni pari solo a quella che il 17 ottobre 2003 mise in fuga in modo poco onorevole Gonzalo Sanchez de Lozada, salvato dalla rabbia dei 500.000 in marcia a La Paz che ne chiedevano la testa solo grazie all'intervento dei marines USA, paese ove el carnicero (il macellaio) risiede nonostante penda sulla testa sua e di sei dei suoi nove ministri un processo per le stragi del febbraio e dell'ottobre 2003.

Fin dall'alba sono stati registrati blocchi stradali sulla rotta Cochabamba - Oruro e su quella Potosì - Sucre: nel corso della giornata battaglioni di insegnanti del magisterio rural hanno raggiunto i picchetti per dar man forte ai campesinos che li avevano promossi. Alle primissime ore del mattino su La Paz marciavano già gli insegnanti del magisterio urbano. Con il passare delle ore, e senza necessità di "convocazioni" ufficiali, sono scese in piazza tutte le organizzazioni dei campesinos, dei minatori, gli studenti delle università San Adrès (Umsa) di La Paz e Publica di El Alto (Upea). Alle 6 del pomeriggio, ora locale, il cronista della Red Erbol e il dirigente della Csustb e del MAS Roman Loayza dichiaravano che le 5 o 6 manifestazioni in corso a La Paz avevano portato in piazza 800.000 persone. Il giorno prima il Presidente Mesa, intervenendo ad una parata militare, aveva definito i settori sociali in lotta una "piccola minoranza"! Fossero anche solo la metà di quelli dichiarati, i manifestanti della sola La Paz sarebbero già il 5% dell'intera popolazione boliviana! Il governo ha schierato i battaglioni speciali dell'esercito (quelli non basati sulla coscrizione obbligatoria) e della polizia a guardia della Plaza Murillo, dove sono localizzati il parlamento ed il palazzo presidenziale. Nelle varie marce e blocchi stradali, installati fuori La Paz, a El Alto, e dentro, al centralissimo Puentes de Las Americas, è saltato agli occhi il differente atteggiamento delle varie organizzazioni. Mentre i campesinos guidati da Loayza e dai dirigenti indios del cosiddetto Pacto de Unidad hanno sfilato pacificamente in attesa della riunione del parlamento, operai, juntas vecinales, minatori e le Central Obreras Boliviana e quella Regional de El Alto hanno sostenuto diverse scaramucce, o scontri aperti contro le forze di polizia armate di lacrimogeni, mezzi speciali Neptuno, dotati di idranti, e non meglio specificati agenti chimici. Se non ci sono stati morti lo si deve solo alle intenzioni dei manifestanti i quali hanno inteso così rispondere alle provocazioni di Mesa. In tarda serata infatti il Presidente ha dichiarato che, qualora dovesse rendersi necessario, non esiterà a far ricorso alla legge che egli stesso ha promulgato, e che subordina l'uso della forza da parte dell'esercito ad un semplice comando della più alta carica dello stato.

Il Presidente salito in carica con il sacrificio di 90 morti che si era insediato giurando a El Alto che mai avrebbe permesso l’uso della forza, ha pronunciato davanti ai vertici militari in occasione della giornata delle forze armate (l’altro ieri lunedì 30 maggio) queste testuali parole: “il fatto che io come Presidente della Repubblica abbia fatto una scommessa cosciente sulla pace e il dialogo, dopo il trauma drammatico dell’ottobre del 2003, non vuol dire concettualmente rinuncia alla applicazione di questo diritto, che non è un diritto del Presidente, né delle Forze Armate, ma è un diritto della nazione boliviana a difendere se stessa”.

Quale nazione boliviana Presidente? L’unica nazione boliviana che esista è quella che sta chiedendo le sue dimissioni e quello di tutto il parlamento! In realtà come giustamente è stato fatto notare dalle agenzia di stampa indipendenti boliviane, il Presidente privo totalmente di appoggio nella popolazione si prepara alla difesa armata del governo e del parlamento, che ricordiamolo sempre, è ancora quello eletto con Gonzalo Sanchez de Lozada, ove siedono anche i suoi sei ministri accusati di strage.

La prevista sessione del congresso che avrebbe dovuto decidere sui temi dell’Assemblea Costituente e del Referendum Autonomista, come immaginabile, è poi saltata, per mancanza di accordo tra i partiti della maggioranza. L’Mnr ha già dichiarato che voterà per la immediata convocazione del referendum autonomista: che a dichiararlo sia l’intero gruppo parlamentare del deposto Gonzalo Sanchez de Lozada, chiarisce definitivamente a chi e perché interessi il secessionismo di Santa Cruz de La Sierra. Alle sette di sera è iniziato uno sciopero della fame dei gruppo parlamentare del Mas per protestare contro le assenze, in parte politiche, dovute cioè alla mancanza di accordo tra i gruppi, in parte anche per le manifestazioni di piazza.

Il giorno 30 alla sera Evo Morales ha firmato di proprio pugno un comunicato stampa su quella che secondo lui ed il Mas dovrebbe essere la soluzione della crisi: unire la questione dell’Assemblea Costituente e la questione delle autonomie in un unico programma di governo dal quale sparisce, nell’analisi del dirigente cocalero, la questione centrale degli scioperi, la nazionalizzazione senza indennizzo del gas. Nel documento si legge testualmente “la posizione del Mas è concreta: cerca l’unità del paese con il proposito di realizzare lo stesso giorno di quest’anno l’elezione dei rappresentati dell’Assemblea Costituente e la consulta popolare sulle autonomie”. La concreta posizione del MAS offre alla borghesia ed al governo l’opportunità di cancellare il tema del gas e rilanciare il tema delle autonomie surclassato e scomparso dalla scena politica per effetto delle manifestazioni di questi giorni. Ancora una volta Morales, che assomiglia sempre più all’ecuadoriano Lucio Gutierrez piuttosto che a Hugo Chavez, nella sua azione di sponda al governo per superare le difficoltà del suo partito rispetto alla nazionalizzazione del gas rivendicata dagli scioperi, apre le porte al massacro delle avanguardie della lotta e permette alla borghesia di sfiancare i lavoratori con un lavoro di logoramento. Va detto senza mezzi termini: questo comunicato stampa è un atto criminale nei confronti del futuro della Bolivia e dei militanti e di tutti i settori sociali attualmente in mobilitazione. Ma non è neppure detto ci riescano, nonostante le convergenze trasversali che il MAS cerca faticosamente di costruire attorno a questa piattaforma, persino il Comitè Civico Cruceño, come dichiarato dallo stesso suo dirigente Carlos Dabdoub. Come dichiarato dai dirigenti dei pueblos originarios di Beni e Pando in una conferenza stampa congiunta tenutasi quasi nello stesso tempo nelle due città amazzoniche i nostri fratelli che adesso sono a La Paz non torneranno a casa a mani vuote.

Si perché non c’è solo La Paz. Tra ieri 31 ed oggi 1° giugno le manifestazioni ed i blocchi stradali si sono estesi praticamente a tutta la Bolivia, con la sola eccezione di Santa Cruz de la Sierra. Persino nella autonomista Tarija sono nove i blocchi stradali che isolano la città e le comunicazioni verso Argentina e Paraguay. Il Movimiento desocupados cittadino ha occupato alcune sedi istituzionali come quella della brigada parlamentaria, la delegazione dei parlamentari regionali. A Cochabamba la manifestazione annunciata dalla Coordinadora para la defensa de los Recursos Naturales, manco a dirlo, ha avuto una partecipazione enorme. Nostre fonti ci hanno raccontato della particolare radicalità degli insegnanti, fabriles (operai di fabbrica) e dipendenti pubblici, e di una manifestazione che è durata, anche qui con diversi scontri, dalle 9 alle 6 di sera ininterrottamente. A Potosì oltre alle marce c’è da segnalare la ferma presa di posizione del Comitè Civico Potosinista a favore della nazionalizzazione del gas e dell’Assemblea Costituente. Nella città capitale storica della miniera, quasi totalmente privatizzata, questo vuol dire partecipazione attiva anche dei cooperativistas, cosa mai scontata. A Sucre la incredibile manifestazione, come non si vedeva dal 2003, ha avuto anche lo scopo di lasciar intendere a quanti pensano di spostare la seduta del parlamento in questa città, capitale politica del paese, che qui troveranno la stessa accoglienza. Ad Oruro le marce e i blocchi stradali si sviluppano sotto l’attenta direzione del fortissimo qui sindacato dei minatori. Il fronte sociale oggi 1° giugno si è allargato allo sciopero nazionale di 48 ore dei lavoratori della sanità, il cui dirigente nazionale ha dichiarato “scioperiamo mettendo da parte le nostre rivendicazioni settoriali per unirci alla rivendicazione per la nazionalizzazione senza indennizzo del gas” ed allo sciopero della Central Obrera Departamental de Pando. Una mobilitazione straordinaria per rivendicazioni, coscienza, obiettivi. La rivoluzione è irrevocabilmente in marcia.

L’assenza di manifestazioni a Santa Cruz de la Sierra si spiega con due ragioni: il grosso della dirigenza campesina, india e operaia della città è attualmente a La Paz. Inoltre la politica perseguita dal MAS di riconciliazione nazionale impedisce a questo partito, l’unico che potrebbe, la organizzazione di manifestazioni in città. Ma la relativa pace della capoluogo orientale segnala anche le difficoltà del Comitè Civico, incapace oggi di convocare tanta gente come all’inizio dell’anno quando, coniugando l’aumento del gas alla questione dell’autonomia, costruì la cosiddetta “agenda di gennaio”. In realtà le elite cruceñe vivono con terrore la possibilità di vedere la lotta estendersi alla propria città, e nonostante le loro rappresentanze parlamentari continuino ancora oggi con un tira e molla per rendere l’Assemblea Costituente ancora più inoffensiva di quanto non sia già, in realtà sarebbero pronte a sottoscrivere fin da oggi l’accordo proposto dal MAS. L’oriente comincia ad esplodere: a San Julian e Cuatro Cañadas sono segnalate manifestazioni per l’Assemblea Costituente. Una marcia pacifica di donne con bambini e pensionati è stata selvaggiamente attaccata da una squadraccia fascista della Union Juvenil Cruceñista che risponde direttamente al comitè, armata con strumenti in dotazione alle forze di polizia. In città si organizza il magisterio. Invece di lanciare adesso l’offensiva definitiva alla borghesia cruceña, il MAS gli apre le porte!

La cosa non è sfuggita alle organizzazioni alla testa dei movimenti sociali, le quali criticano apertamente e sempre più diffusamente non solo la linea del MAS ma la stessa Assemblea Costituente. Non si tratta più soltanto della “scontata” dichiarazione della storica dirigente del magisterio urbano di La Paz Wilma Plata riportata su econoticiasbolivia.com, ma di un sentimento diffuso che giustamente percepisce l’Assemblea Costituente come una ennesima trappola della borghesia per distogliere l’attenzione dal gas, cosa che fa affermare, solo per prendere l’estremo delle varie dichiarazioni, al dirigente della COB Jaime Solares che o si approva la nazionalizzazione senza indennizzo del gas o bruciamo il parlamento. Perché va ricordato che la nazionalizzazione che si rivendica è l’esproprio delle multinazionali colpevoli di reiterati danni, truffe e furti ai danni del popolo boliviano. Ed a questa avanzata sul terreno politico comincia a corrisponderne una anche sul terreno organizzativo. Loayza affermava oggi la necessità di dar vita a un comitato di gestione delle mobilitazioni, con il compito di coordinamento e di difesa delle manifestazioni dalle infiltrazioni di non meglio precisati vandali che con la distruzione di alcune postazioni di polizia hanno concentrato su di sé le attenzioni dei media borghesi.

Le ultime informazioni preannunciano già una giornata di mobilitazioni crescenti e sempre più diffuse nel paese, dove, secondo il dirigente del Servicio Nacional de Caminos, l’ente stradale nazionale, il 60% delle strade di comunicazione interna e verso le frontiere sono bloccate, e questo senza tener conto degli annunci di ulteriori scioperi per domani, specie nelle zone di Sucre e Cochabamba. Manifestazioni importanti si sono svolte e sono state annunciate a Buenos Aires, promosse da emigrati boliviani in Argentina. Solo a riprova di quanto detto negli articoli precedenti a proposito della spaccatura nelle forze armate, riferiamo la notizia di un tentativo di ammutinamento nel Distretto n° 1 della Polizia di La Paz, nei pressi della Plaza Murillo, smentita per ore dal generale Aramayo, ma poi confermati seppur indirettamente dallo stesso Presidente Mesa. È in corso una riunione tra i comandi militari e il governo, rispetto alla quale c’è ovvia apprensione. Ed è dell’ultima ora una dichiarazione del governo USA che dichiara la propria preoccupazione per i fatti di Bolivia.

Il nostro compito di comunisti non è solo quello di raccontare ma di partecipare alle lotte rivoluzionarie come quella boliviana, diffondendone il messaggio e favorendone la comprensione e gli insegnamenti, in nome del nostro internazionalismo. Pertanto ci sarà permesso riferire della commozione che abbiamo provato nell’ascoltare le voci delle manifestazioni, come quella di un folto gruppo di campesinas dell’organizzazione Bartolina Sisa staccarsi da uno dei loro cortei e spiegare al giornalista radiofonico che le intervistava andiamo alle caserme per impedire che utilizzino i nostri figli per spararci a sangue freddo. Oppure con i microfoni aperti sulla manifestazione di Sucre ascoltare ripetere mille e mille volte prima di qualunque altra cosa muera el parlamiento burges muoia il parlamento borghese. O leggere sullo striscione della COR di El Alto che apre le manifestazioni più combattive di La Paz la seguente esortazione l’emancipazione dei lavoratori sarà opera di loro stessi. C’è ancora qualcuno che dubita che quella in Bolivia sia una rivoluzione socialista?

1 giugno 2005.