Dario Fo al 23% - Falcemartello

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Dario Fo al 23%
Milano moderata?

Il 29 gennaio scorso a Milano ci sono state le primarie; nonostante le condizioni climatiche avverse, oltre 80mila persone si sono recate ai seggi per esprimere la loro opinione sul candidato sindaco in particolare sui due principali sfidanti, Ferrante e Fo.

La candidatura di Dario Fo ha suscitato molti entusiasimi fra tanti militanti di base. Anche alle scorse elezioni comunali Fo si era proposto come candidato; in una assemblea affollatissima in Camera del Lavoro era emersa anche una notevole disponibilità della base a fare una campagna elettorale militante; “finalmente, si diceva, un candidato che possiamo chiamare compagno”. Il fuoco di fila dei Ds e degli apparati del centro sinistra però impose la candidatura Antoniazzi che riuscì a portare a casa un “bel” 30%. E così si è radicata l’idea che a Milano la sinistra perde, che la città è tendenzialmente di destra e che per spostare i voti è necessario un candidato moderato. Con questa linea il centrosinistra sia alle comunali che alle regionali non è mai riuscito ad andare oltre il 30%.

La realtà è che Milano è una città che è stata letteralmente devastata dalle giunte di centro destra e particolarmente dagli ultimi nove anni di Albertini.

A differenza di tutti gli altri, Fo ha detto chiaro e tondo che lui non è un moderato e ha detto quelle semplici verità che tutti sanno e che nessuno vuole dire, ovvero che la città è stata amministrata per ingrassare gli immobiliaristi amici di Albertini, che i servizi sono gestiti con l’unico scopo di far fare i profitti alle imprese private (scuole, associazioni sportive, Onlus di varia natura, ecc.) ed è per questo che costano di più e sono peggiori. Fo ha detto chiaro e tondo che lui sarebbe stato un sindaco che si sarebbe battuto contro questi interessi, ha parlato di espropri delle case sfitte, di trasporti pubblici gratuiti, di servizi di pubblica utilità nelle periferie, era davvero tanto tempo che non si sentiva qualcuno parlare di questo.

Dario Fo alle primarie ha preso circa 20mila voti, poco più del 23%, mentre l’ex prefetto Bruno Ferrante andava oltre il 67% grazie ad una grigia campagna elettorale dove ha promesso tutto a tutti.

Ma allora è vero che i milanesi sono moderati? No, non è vero, il problema sta negli schieramenti politici. Quello che è successo in realtà è che nessuna forza politica ha fatto campagna per Dario Fo.

Rifondazione Comunista si è trovata questa candidatura di Fo un po’ tra i piedi. Il gruppo dirigente di Milano ha ritenuto di aver vinto una grande battaglia nel centro sinistra per aver scongiurato la candidatura di Veronesi (che in realtà era già inviso soprattutto alla Margherita), e non ha opposto alcuna resistenza quando è comparso il nome di Ferrante, a parte qualche timida perplessità per il fatto che era un prefetto. Insomma la maggioranza di Rifondazione si apprestava a sostenere a spron battuto Ferrante (come del resto ora è lieta di fare, visto che ha vinto le primarie), se non che si è presentato Dario Fo a rompere le uova nel paniere. Rifondazione è costretta a sostenere Fo perché è una figura troppo nota nella sinistra per le sue posizioni più avanzate, tuttavia emerge che il partito non metterà tutte le sue energie per far vincere Fo alle primarie. Nel Comitato politico federale denunciamo la strumentalità con cui si sostiene Fo e votiamo contro un ordine del giorno nel quale pur dichiarando sostegno a Fo si esprime un giudizio positivo su Ferrante, di fatto, considerandolo già il vincitore.

Il responsabile organizzativo di Rifondazione il 28 dicembre scorso propone l’organizzazione di “ben” otto iniziative promosse a livello di circolo per la campagna. La maggior parte di queste iniziative non si terranno e tutta la campagna vedrà comunque una presenza molto defilata.

Dall’altra parte c’è il problema Fo, che sicuramente è consapevole dell’approccio strumentale di Rifondazione, ma aggrava il buon esito della campagna dandole un carattere antipartito. Dario Fo si è presentato sempre come un candidato delle associazioni, del “popolo”, vicino ai centri sociali, a quel che resta della disobbedienza, attaccando i partiti, sia quelli di destra, ma soprattutto quelli di sinistra complici con il loro moderatismo di mantenere lo status quo.

Ora sia Fo che Rifondazione dicono che i 20mila voti sono tanti, che le primarie sono state un successo perché hanno sottratto una fetta consistente di elettorato all’Ulivo. Non è vero, quei voti sono poco più di quelli presi da Bertinotti alle primarie nazionali e rappresentano il minimo che si poteva ottenere; hanno votato Fo i già erano convinti, non è stato il risultato di una battaglia all’ultimo voto per convincere gli elettori di sinistra che Ferrante non è la soluzione ai nostri problemi.

E qui torna il problema centrale del partito. Per quanto Fo sia una figura illustre e carismatica non può sostituire il lavoro di migliaia di militanti che con il loro quotidiano lavoro politico promuovono coscienza di classe attorno ai problemi che quotidianamente vive la popolazione lavoratrice di questa città. Rifondazione Comunista non ha fatto questo lavoro perché il suo gruppo dirigente ha adottato una linea politica sbagliata di piena subordinazione al centrosinistra. Non si risolve questo problema voltando le spalle al partito e come suggerisce Fo e tanti a sinistra, dandosi all’associazionismo. Il partito è uno strumento troppo prezioso per lasciarlo in mano “ai moderati”.