Accordo raggiunto fra Ulivo e Rifondazione Comunista per le elezioni provinciali a Parma; nelle parole di Masella, capo gruppo del Prc alla regione, “il miglior accordo con il centro-sinistra di tutta la regione Emilia-Romagna”, e purtroppo non ne dubitiamo.
Secondo la segreteria parmigiana del Prc la trattativa con il centro-sinistra è stata condotta diversamente rispetto ad altre città della regione, poiché i punti dell’accordo programmatico sono stati scritti “nero su bianco”, e quindi sono alla luce del sole; lasciando al nostro partito la possibilità di disimpegnarsi dal governo della provincia nel caso non fossero rispettati.
Insomma: Rifondazione Comunista ha superato la tradizione orale scoprendo la scrittura, ma il risultato è l’ennesimo accordo bidone.
La segreteria ha avuto, da parte del Cpf, il mandato di iniziare le consultazioni con l’Ulivo sulla base di un programma approvato quando erano già stati stabiliti i dettagli dell’accordo, in cui si dava pieno sostegno all’Autonomia scolastica ed ai Patti territoriali, leggi da sempre avversate anche dalla maggioranza di Rifondazione.
Ma quali punti programmatici strappati all’Ulivo renderebbero l’accordo così straordinario, secondo i nostri dirigenti? In primis le modalità con cui affronta il problema del precariato. Nessuna lotta al pacchetto Treu, per carità, (che non viene mai citato, tanto per non sbagliare) ma finanziamenti alle imprese che assumono tramite contratti a tempo indeterminato. Se qualcuno trova che regalare denaro pubblico ai padroni non sia proprio qualificante per i comunisti, non legga la parte dell’accordo in cui si elogia il magnifico ruolo progressivo dell’Authority alimentare a Parma (che porterà invece soldi alle solite lobby con annessi nuovi sistemi clientelari e prezzi e affitti alle stelle per i meno fortunati). Sul tema della pace, il Prc ha ottenuto dall’Ulivo la promessa che gli enti provinciali chiederanno il ritiro delle truppe italiane dall’Iraq (anche se appena dopo si sollecita l’intervento dell’Onu). Ottenere promesse sulla politica internazionale non è difficile (l’imperialismo non trema di fronte alla provincia di Parma), ma quando si arriva sul terreno locale delle privatizzazioni tutto diventa fumoso, e si riesce, a malapena, a far passare l’idea che alcuni settori chiave sarebbe meglio se rimanessero prevalentemente pubblici. Anche se sulla questione delle privatizzazioni nel Prc di Parma da tempo si è diventati più possibilisti: “È un tema che necessita una riflessione” è stato detto a più riprese, e questo non fa ben sperare. Silenzio assordante, infine, sulla questione della Parmalat. In un Comitato politico federale di due mesi fa, svoltosi a Collecchio, il partito aveva avanzato la proposta della nazionalizzazione sotto controllo operaio, ma lo slogan non è mai arrivato ai lavoratori dell’azienda, rimanendo tra le quattro mura della Federazione. Con l’avvicinarsi della scadenza elettorale la proposta si è trasformata in un generico richiamo alla moralizzazione dell’economia, per poi evaporare del tutto in fase di stesura del programma; meglio tacere e dimenticare i lavoratori della Parmalat. Non c’è che dire, questi sono i migliori accordi... che i padroni possano ottenere!
Il risultato era inevitabile, considerata la crisi in cui versa il Prc a Parma. I circoli sono strutture semivuote, dove i compagni vengono chiamati a militare solo in prossimità di scadenze elettorali. In alcuni comuni della provincia le alleanze con il centro-sinistra sono state gestite con totale indipendenza dagli organismi dirigenti e il Cpf tende a diventare la sede in cui si ratificano decisioni prese altrove (emblematico il fatto che in nessun Cpf si sia mai espressa una parola definitiva sull’accordo con l’Ulivo, limitandosi a dare mandati di trattativa alla segreteria).
Non ci stupiamo certo degli accordi firmati da Rifondazione, né dei metodi utilizzati, tenuto conto anche della svolta “ulivista” del segretario Bertinotti. Quello che più ci sconcerta è la presenza nella Segreteria di compagni di Progetto Comunista-Area programmatica (alleati con l’area dell’Ernesto), che da sempre si oppongono a livello nazionale a qualsiasi tipo di alleanza, facendo di ciò la bandiera di una politica alternativa a quella della maggioranza del partito. Questi compagni qualche mese fa giustificavano il loro ingresso in segreteria con la motivazione di voler spostare a sinistra i rapporti di forza all’interno del partito. La triste realtà (a conferma di quello che noi sostenevamo) è che stanno dando una copertura alla politica moderata dell’Ernesto. Oggi, con le stesse motivazioni, cercano di giustificare gli accordi con il centrosinistra, creando l’illusione presso i lavoratori di poter spostare la linea politica della coalizione verso la difesa dei loro interessi. Quello che noi proponevamo non era la posizione settaria del no a qualsiasi tipo di accordo, ma che il partito si dotasse di un programma di classe che realmente difendesse gli interessi dei lavoratori e che sulla base di alcuni punti qualificanti di questo programma a cui non avremmo rinunciato, chiedesse un confronto (non certo tra le ristrette mura di una Federazione ma coinvolgendo anche la popolazione) ai partiti della sinistra, ponendo la questione della rottura con i partiti organicamente borghesi come la Margherita.
In ogni Cpf in cui si è discusso della tattica elettorale, a chi si dichiarava contrario all’alleanza con l’Ulivo, veniva risposto che non si può rimanere fuori dalle istituzioni.
L’idea che si possa lavorare nelle istituzioni facendo opposizione (ed eventualmente appoggiare dall’esterno le risoluzioni realmente progressiste) sembra essere del tutto dimenticata. L’idea dominante è che si “incide sul reale” solo governando. Partito di lotta e di governo, dicevano una volta, ora possiamo pure togliere lotta. Oggi più che mai è invece necessario che il partito abbandoni la logica istituzionalista ed orienti il suo intervento nei movimenti reali, per diventare il punto di riferimento delle lotte che si stanno sviluppando e che sempre più andranno crescendo nei prossimi mesi.