130 compagni e compagne hanno partecipato il 4-5 dicembre a Milano all’assemblea nazionale del quinto documento “Rompere con Prodi, preparare l’alternativa operaia”,documento ammesso al dibattito sulla base di una raccolta di firme che si è chiusa il 21 novembre con la sottoscrizione da parte di quasi 800 iscritti al Prc.
Nell’introduzione Claudio Bellotti (Direzione nazionale del Prc) ha insistito sulla necessità di inquadrare la svolta d’epoca apertasi nel 2001. Tre elementi sono stati posti al centro della discussione: la crisi dell’imperialismo Usa, in particolare la manifesta incapacità di uscire vittoriosamente dal conflitto iracheno; le gigantesche contraddizioni economiche che rischiano di esplodere su scala internazionale, e soprattutto il risveglio dei movimenti di massa della classe operaia e dei popoli oppressi. “È precisamente questa svolta che ci permette di parlare di una prospettiva di egemonia per un partito comunista e rivoluzionario, penetrando nelle contraddizioni che si aprono nelle forze riformiste che oggi sono ancora maggioritarie nella sinistra”.
Molti interventi hanno messo in luce gli effetti disastrosi della collaborazione di governo nelle regioni e nelle città dove si è realizzata: in Friuli, ha spiegato Marco Vicario del Comitato in difesa della scuola pubblica, il partito ha accettato il principio della parità scolastica e dei finanziamenti alle scuole private contro cui ci siamo aspramente battuti nel movimento studentesco. A Napoli, come spiegato da Jacopo Renda, il Prc è direttamente corresponsabile di politiche di privatizzazione e tagli portate avanti dalla giunta di centrosinistra (acqua, trasporto pubblico).
Altri interventi hanno voluto in particolare insistere sulla necessità di rilanciare il radicamento operaio del Prc, ridotto oggi ai minimi termini. Paolo Brini, delegato sindacale e membro del Comitato centrale della Fiom, ha aspramente criticato il “codismo” del partito e la delega in bianco che esso ha affidato ai dirigenti sindacali. “È giusto sostenere la Fiom nella misura in cui fa dei passi verso una maggiore combattività, ma non possiamo dare deleghe in bianco ed è stato un grave errore accettare lo sciolgimento della sinistra sindacale nella Fiom. In questa critica mi sento di includere anche quei sindacalisti che fanno riferimento ad aree della sinistra del partito come Progetto comunista, che fino a ieri sono stati nella Fiom più rinaldiniani di Rinaldini stesso”.
Sulla stessa lunghezza d’onda Elisabetta Rossi, di Udine e del coordinamento nazionale dei Gc, che ha rimarcato come l’intervento nelle numerose crisi industriali della sua regione abbia visto le strutture del partito incapaci di assumere iniziative coordinate. “Siamo stati quasi soli ad intervenire in vertenze come quella della De Longhi. Oggi vediamo un cambiamento importante, quando ci presentiamo ai cancelli delle aziende si fanno avanti dei lavoratori che ci chiedono di aiutarli a organizzarsi per cambiare le cose all’interno delle aziende e del sindacato. Sono questi che daranno forza alle idee che difendiamo.”
Ascoltando Alan Woods
È stata più volte sottolineata la volontà di produrre uno sforzo straordinario per onorare il dibattito congressuale garantendo una presenza il più possibile capillare nei dibattiti delle federazioni. In un intervento appassionato e applaudito, Miguel Suescun (Pavia) ha voluto ricordare come le idee oggi presentate nel 5° documento discendono da una lunga lotta che già negli anni ’80, in un contesto difficile di riflusso politico e sociale, una rivista come “FalceMartello” conduceva negli anni del declino del Pci. “Avendo vissuto quegli anni, quando opinioni come le nostre venivano combattute con espulsioni e misure burocratiche di ogni genere, non ci preoccupiamo certo di chi tenta di sminuire le nostre opinioni perché rappresentano oggi solo una piccola minoranza nel Prc. Avremo modo di mostrare in un dibattito fraterno che quanto difendiamo oggi va incontro alle necessità reali della nostra epoca”.
Introducendo la seconda giornata, Alessandro Giardiello ha sottolineato come la frammentazione della vecchia sinistra del Prc, la “mozione due”, sia stata conseguenza non solo di concezioni settarie sul piano politico, ma anche di una gestione errata che l’ha resa di fatto indistinguibile sul piano dei metodi da quella maggioranza che pure a parole criticava. “Qui ci deve essere la massima trasparenza, non ci nasconderemo dietro un dito riguardo al ruolo che i compagni di FalceMartello hanno svolto nel costruire questa mozione. Quello che è certo è che rifiutiamo quei metodi di cooptazione surrettizia che hanno rovinato la vecchia mozione due”.
Un intervento di rilievo è stato svolto da Alan Woods, direttore del sito web In Defence of Marxism , che ha approfondito i temi della crisi internazionale e i suoi riflessi in Italia. “La domanda giusta da porsi è perché tutti i governi al mondo, che siano di sinistra, di centro o di destra, perseguono tutti la stessa identica politica; e la risposta è che si tratta di una necessità imprescindibile, che discende dalla crisi senile di questo sistema economico. L’Italia rimane nonostante tutto un capitalismo relativamente debole, nel quale la classe dominante non solo attacca le conquiste sociali dell’epoca precedente, ma metterà anche in discussione gli stessi diritti democratici. La prospettiva di una partecipazione del Prc al governo in questo contesto sarebbe un sicuro disastro, ma se mantiene l’indipendenza allora sì che potrebbe poi conoscere un grande sviluppo.
La classe operaia, non impara sui libri e neppure in assemblee come questa; impara dalla propria esperienza nella lotta, e sarà solo attraverso questa esperienza che potrà infine verificare l’impossibilità che il riformismo risolva i suoi problemi fondamentali”.
5 novembre 2004