Guerra in Iraq - Falcemartello

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Né Usa, né Onu, libertà per il popolo iracheno

 

L’imperialismo americano sta sprofondando in un nuovo Vietnam. Chi aveva dei dubbi, può lasciarli da parte dopo gli avvenimenti di questi giorni. Non più attacchi isolati, attentati suicidi, scaramucce, ma una vera e propria insurrezione, con migliaia di miliziani armati, che costringe le truppe occupanti a controbattere con operazioni di guerra su vasta scala.

Baghdad è ormai in mano ai soldati americani, l'esercito iracheno nel corso delle ultime 48 ore ha di fatto cessato di esistere come forza organizzata.

La caduta della capitale segna una svolta nel conflitto, della quale dobbiamo esaminare le conseguenze.

Che l'esercito più potente del paese più potente del mondo abbia avuto la meglio su un paese affamato, impoverito e assediato era ipotizzabile fin dall'inizio del conflitto; inaspettata, invece, è stata la rapidità con la quale la capitale irachena ha ceduto di fronte all'offensiva. Tanto più dopo la resistenza ostinata che gli angloamericani avevano incontrato in molte località minori.

Sciopero generale mondiale contro il bombardamento dell'Iraq

 

Il massacro è cominciato. Migliaia di bombe cadranno ancora una volta sulle teste della già martoriata popolazione irachena.

Nella guerra del '91 vennero lanciate 88 tonnellate di bombe, ci furono100mila morti tra i militari e 200mila tra i civili. Oltre un milione morirono negli anni a seguire a causa dell’embargo,

La lotta contro l’imperialismo è una lotta contro il capitalismo

Si può giustificare questa guerra?

La guerra in preparazione da parte degli Usa è un atto sfacciato di aggressione contro il popolo iracheno. Non c’è in essa neppure un atomo di contenuto progressivo. Tutti gli argomenti utilizzati per giustificare questa guerra mostruosa sono falsi da cima a fondo. L’invio degli ispettori non è stato altro  che un pretesto per ingannare l’opinione pubblica mondiale mentre gli americani proseguivano il loro schieramento militare nel Golfo. Non c’entra nulla la questione delle armi di distruzione di massa. Qualsiasi cosa facciano gli iracheni, saranno bombardati e invasi.

Tre anni fa, il 18 marzo 2003, una pioggia di fuoco e di metallo si è abbatteva sull’Iraq. Poche settimane dopo, il primo maggio, crollato il regime di Saddam Hussein, un trionfante George W. Bush dichiarava al mondo la sua vittoria e la fine della guerra. Questa dichiarazione passerà probabilmente alla storia tra le memorabili fanfaronate di chi, accecato dalla sua stessa propaganda, ha scambiato i propri desideri per la realtà.

La commissione d’inchiesta sulla morte di Nicola Calipari ha visto la definitiva rottura fra Italia e Usa quando il 25 aprile il Pentagono ha reso pubblica la versione di propri rappresentanti.

Il 9 aprile scorso centinaia di migliaia di iracheni sono scesi in piazza su appello del movimento di Muqtada al Sadr, al quale si sono unite diverse altre organizzazioni. La rivendicazione centrale della manifestazione era la fine dell’occupazione militare. I manifestanti (300mila secondo fonti occidentali) hanno voluto, non a caso, riunirsi nella stessa piazza in cui due anni fa i marines avevano inscenato il rovesciamento della statua di Saddam Hussein. La manifestazione del 9 aprile è certamente una delle più massicce da quando il paese è stato occupato.

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